Dopo alcuni anni di osservazioni ripetute di individui anche in periodo riproduttivo, quest’anno (2011) finalmente è stata accertata la nidificazione di una coppia di grillai nell’area viterbese dei monti della Tolfa.
E’ questa la prima nidificazione accertata nel Lazio nonché la dodicesima specie di rapaci diurni nidificanti in questa sorprendente e preziosa area a pochi passi da Roma.
La speranza è che non si tratti di un episodio isolato ma di un inizio di conquista di nuovi territori e quindi un segnale di buona salute della specie
Mario Cappelli
martedì 28 giugno 2011
venerdì 24 giugno 2011
domenica 19 giugno 2011
mercoledì 8 giugno 2011
giovedì 2 giugno 2011
Abruzzo: ricolonizzato un vecchio sito di aquila reale!
Ieri Maurizio Carfagnini, bravissima e appassionata guardia forestale oggi in pensione, mi ha comunicato la ricolonizzazione di un sito di aquila reale a monte del Lago di Scanno. Questo sito è rimasto deserto per circa 25 anni nonostante la presenza quasi costante di immaturi, a testimonianza della valenza naturalistica del territorio. Il bianco di un pulcino osservato nel vecchio nido da Carfagnini pochi giorni fa ha suggellato il reinsediamento della nuova coppia di aquila reale che già l’anno passato era stata osservata nel vallone.
Questo importante evento conferma il trend positivo della specie nell’Appenino centrale, tanto che altri siti potrebbero essere ricolonizzati. Che dire di più: auguri alla nuova coppia abruzzese!
Fabio Borlenghi
NUCLEARE IN ITALIA: PERCHE’ VOTARE SI AL REFERENDUM DEL 12 E 13 GIUGNO 2011
La tragedia giapponese riapre il dibattito politico sull’utilità del
nucleare in Italia. L’energia nucleare non convince noi e milioni
di italiani, questo il motivo per cui il nostro Governo tenta di
eludere il referendum di Giugno.
Altura Campania, l’associazione che nella nostra regione
protegge gli uccelli rapaci e i loro biotopi, spiega i suoi motivi
invitando gli elettori e le elettrici ad andare a votare in massa il
12 e 13 giugno barrando il si sulla scheda grigia.
Le centrali nucleari non saranno mai sicure.
I 14 incidenti più gravi (fino al 7° livello della scala INES)
nella storia dell’energia nucleare sul pianeta, tra cui i più noti
sono Three Mile Island, 1979 (USA), Chernobyl 1986 (URSS),
Goiania, 1987 (Brasile) e Fukushima, 2011 (Giappone) hanno
confermato drammaticamente la pericolosità di questa fonte
energetica.
Oggi le aree contaminate dalle radiazioni sono spopolate e
resteranno tali per millenni (almeno 25.000 anni per colpa del
plutonio). Linfomi e leucemie, come invisibili untori,
continueranno a uccidere i figli degli scampati per numerose
generazioni.
Il problema dello smaltimento di scorie radioattive non è stato
risolto. Le scorie radioattive rimangono pericolose per secoli e
non esiste ancora un sistema per gestirle in sicurezza, dove si
era pensato di realizzare il sito unico nazionale di stoccaggio
italiano? Ma nel Mezzogiorno ovviamente, a Scanzano in
Lucania.
Il nucleare genera meno occupazione delle fonti rinnovabili. Le
ricerche e le applicazioni europee per le fonti rinnovabili, fino al
2020, sono più produttive del 300% rispetto al piano nucleare
che ENEL vorrebbe attuare in Italia. I potenziali nuovi posti di
lavoro che creerebbe l’energia alternativa nel nostro paese sono
almeno 200.000, contro i 30 o 40 mila del nucleare.
Il nucleare è costoso. Il dipartimento USA dell’energia informa
che un reattore EPR costa, in media, 7,5 miliardi di euro, cifra
superiore ai 4,5 miliardi calcolati dall’ENEL. Nessuno aggiunge
i costi per lo smaltimento delle scorie e eventuali
smantellamenti per bonifiche e ristrutturazioni degli impianti,
questi sono a carico dell’ente pubblico quindi ricavati dalle tasse dei cittadini.
Nel 2020 le fonti rinnovabili e un’oculata politica di efficienza
energetica, saranno in grado di produrre 150 miliardi di
kilowattora, ben oltre l’obiettivo dell’Enel col suo piano
nucleare, riducendo fin da subito le emissioni di CO2 di oltre la
metà rispetto al recente passato.
Il nucleare come scelta, non risolverebbe i problemi del clima.
Le centrali nucleari saranno completate dopo il 2020, ma la
riduzione dei gas serra non ammette ritardi. Investire sul
nucleare sottrae risorse alla ricerca sulle fonti rinnovabili.
L’atomo non ci renderebbe energeticamente indipendenti. Si
continuerebbe a importare petrolio e inoltre dipenderemmo dall’
estero, importando Uranio e tecnologie, visto che il brevetto del
Reattore EPR è francese. I cugini d’oltralpe, leader europei nella
detenzione di centrali nucleari, hanno un consumo medio di
petrolio tra i più alti del Vecchio Continente.
Il nucleare non rappresenta una illimitata risorsa energetica.
L’Uranio esaurisce infatti la sua funzione di propellente in non
più di mezzo secolo. E’ scientificamente provato che in nuove
centrali, non ancora a pieno regime, l’esaurimento dell’Uranio si
accelererebbe di gran lunga rispetto a Centrali già funzionanti da
tempo.
Gli italiani che diranno SI all’abolizione della legge che
reintroduce lo sviluppo nucleare in Italia con la scelta referendaria,
che furbescamente il Governo tenta in extremis di
bypassare col decreto Omnibus, sono la stragrande maggioranza
della popolazione. I sondaggi ci dicono che la maggior parte di
noi non vuole che una centrale nucleare sorga nella propria
Nazione e nella propria Regione.
Anche le centrali più lontane non diminuiscono i rischi dei
paesi che non adottano il nucleare; è vero che l’Italia è
circondata da nazioni che hanno impianti nucleari, ma è
dimostrato che in caso di incidenti le mutazioni genetiche negli
esseri umani e in tutte le specie di animali e piante sono
significativamente alte nel raggio di pochi kilometri dal luogo
dell’incidente, mentre diminuiscono drasticamente
allontanandosi centinaia di km.
La prospettata centrale nucleare alla Foce del fiume Sele,
costringerebbe ad evacuare città come Napoli, Salerno e l’intera
sua Provincia, considerando che questa è anche un’area ad alto
rischio sismico, pensiamoci tutti molto bene.
Felice Turturiello
nucleare in Italia. L’energia nucleare non convince noi e milioni
di italiani, questo il motivo per cui il nostro Governo tenta di
eludere il referendum di Giugno.
Altura Campania, l’associazione che nella nostra regione
protegge gli uccelli rapaci e i loro biotopi, spiega i suoi motivi
invitando gli elettori e le elettrici ad andare a votare in massa il
12 e 13 giugno barrando il si sulla scheda grigia.
Le centrali nucleari non saranno mai sicure.
I 14 incidenti più gravi (fino al 7° livello della scala INES)
nella storia dell’energia nucleare sul pianeta, tra cui i più noti
sono Three Mile Island, 1979 (USA), Chernobyl 1986 (URSS),
Goiania, 1987 (Brasile) e Fukushima, 2011 (Giappone) hanno
confermato drammaticamente la pericolosità di questa fonte
energetica.
Oggi le aree contaminate dalle radiazioni sono spopolate e
resteranno tali per millenni (almeno 25.000 anni per colpa del
plutonio). Linfomi e leucemie, come invisibili untori,
continueranno a uccidere i figli degli scampati per numerose
generazioni.
Il problema dello smaltimento di scorie radioattive non è stato
risolto. Le scorie radioattive rimangono pericolose per secoli e
non esiste ancora un sistema per gestirle in sicurezza, dove si
era pensato di realizzare il sito unico nazionale di stoccaggio
italiano? Ma nel Mezzogiorno ovviamente, a Scanzano in
Lucania.
Il nucleare genera meno occupazione delle fonti rinnovabili. Le
ricerche e le applicazioni europee per le fonti rinnovabili, fino al
2020, sono più produttive del 300% rispetto al piano nucleare
che ENEL vorrebbe attuare in Italia. I potenziali nuovi posti di
lavoro che creerebbe l’energia alternativa nel nostro paese sono
almeno 200.000, contro i 30 o 40 mila del nucleare.
Il nucleare è costoso. Il dipartimento USA dell’energia informa
che un reattore EPR costa, in media, 7,5 miliardi di euro, cifra
superiore ai 4,5 miliardi calcolati dall’ENEL. Nessuno aggiunge
i costi per lo smaltimento delle scorie e eventuali
smantellamenti per bonifiche e ristrutturazioni degli impianti,
questi sono a carico dell’ente pubblico quindi ricavati dalle tasse dei cittadini.
Nel 2020 le fonti rinnovabili e un’oculata politica di efficienza
energetica, saranno in grado di produrre 150 miliardi di
kilowattora, ben oltre l’obiettivo dell’Enel col suo piano
nucleare, riducendo fin da subito le emissioni di CO2 di oltre la
metà rispetto al recente passato.
Il nucleare come scelta, non risolverebbe i problemi del clima.
Le centrali nucleari saranno completate dopo il 2020, ma la
riduzione dei gas serra non ammette ritardi. Investire sul
nucleare sottrae risorse alla ricerca sulle fonti rinnovabili.
L’atomo non ci renderebbe energeticamente indipendenti. Si
continuerebbe a importare petrolio e inoltre dipenderemmo dall’
estero, importando Uranio e tecnologie, visto che il brevetto del
Reattore EPR è francese. I cugini d’oltralpe, leader europei nella
detenzione di centrali nucleari, hanno un consumo medio di
petrolio tra i più alti del Vecchio Continente.
Il nucleare non rappresenta una illimitata risorsa energetica.
L’Uranio esaurisce infatti la sua funzione di propellente in non
più di mezzo secolo. E’ scientificamente provato che in nuove
centrali, non ancora a pieno regime, l’esaurimento dell’Uranio si
accelererebbe di gran lunga rispetto a Centrali già funzionanti da
tempo.
Gli italiani che diranno SI all’abolizione della legge che
reintroduce lo sviluppo nucleare in Italia con la scelta referendaria,
che furbescamente il Governo tenta in extremis di
bypassare col decreto Omnibus, sono la stragrande maggioranza
della popolazione. I sondaggi ci dicono che la maggior parte di
noi non vuole che una centrale nucleare sorga nella propria
Nazione e nella propria Regione.
Anche le centrali più lontane non diminuiscono i rischi dei
paesi che non adottano il nucleare; è vero che l’Italia è
circondata da nazioni che hanno impianti nucleari, ma è
dimostrato che in caso di incidenti le mutazioni genetiche negli
esseri umani e in tutte le specie di animali e piante sono
significativamente alte nel raggio di pochi kilometri dal luogo
dell’incidente, mentre diminuiscono drasticamente
allontanandosi centinaia di km.
La prospettata centrale nucleare alla Foce del fiume Sele,
costringerebbe ad evacuare città come Napoli, Salerno e l’intera
sua Provincia, considerando che questa è anche un’area ad alto
rischio sismico, pensiamoci tutti molto bene.
Felice Turturiello
mercoledì 1 giugno 2011
Dopo 42 anni il falco pescatore torna a nidificare in Italia
Un nido, con due pulcini, monitorato 24h nel Parco della Maremma
Alberese: Dopo 42 anni una coppia di falco pescatore ha di nuovo nidificato sul suolo italiano. Lo ha fatto nel Parco della Maremma, vicino alla foce del fiume Ombrone, in un’area palustre. Le uova di questo spettacolare rapace si erano schiuse per l'ultima volta - in natura - nel 1969, in nidi collocati sulle coste sarde e siciliane. In Toscana l’ultima nidificazione documentata è ancora più indietro nel tempo: 1929, isola di Montecristo.
Riferimenti temporali che rendono l’idea dell’eccezionalità di ciò che – dopo molti anni di lavoro da parte dell’Ente Parco – è accaduto di recente ad Alberese, in provincia di Grosseto. I ricercatori hanno assisto negli ultimi mesi alla nidificazione di una coppia di falchi, alla schiusa delle uova e, recentemente, ai primi movimenti dei pulli. Grazie ad un sistema di videosorveglianza che controlla il comportamento dei falchi e quanto avviene intorno a loro.
Con meno di un centinaio di coppie riproduttive distribuite tra la Corsica, isole Baleari, Algeria e Marocco, la popolazione mediterranea di falco pescatore costituisce un’entità vulnerabile sotto il profilo conservazionistico. In Italia la scomparsa della specie si fa risalire tra gli anni ’50 e ’60, probabilmente per una persecuzione diretta.
Anche in Corsica il falco pescatore ha rischiato di seguire lo stesso destino di altre popolazioni mediterranee; nel 1974 ne restavano infatti solo 4 coppie. Fortunatamente, l’adozione tempestiva e prolungata di efficaci strumenti di conservazione e controllo del territorio ha portato ad un recupero straordinario della specie, fino alla trentina di coppie attualmente nidificanti.
Il successo dell’operazione condotta dal Parco regionale della Corsica e, in particolare dal personale della riserva marina di Scandola, ha creato le condizioni perchè si potesse realizzare un progetto di conservazione coordinato, che interessasse anche le coste italiane. In questo processo si è inserito quasi dieci anni fa il Parco della Maremma, per volontà del suo presidente Giampiero Sammuri.
“Durante un viaggio in Corsica – racconta Sammuri - mi spiegarono che tutti i siti idonei per la nidificazione del falco pescatore (concentrati nelle falesie della costa occidentale) erano ormai arrivati a saturazione e la popolazione locale sembrava essere giunta al suo limite massimo di espansione. Ne parlai con il dottor Andrea Sforzi, con altri componenti del gruppo di lavoro e con gli esperti corsi; alla fine pensammo ad un progetto di lungo periodo per riportare in Italia questa specie come nidificante. Sapevamo che l’Arcipelago Toscano e la costa tirrenica centrale potevano essere luoghi ideali per una riconquista spontanea da parte del falco pescatore del proprio areale di distribuzione originario. Tuttavia nel 2002 era impossibile predire se, quando e con quali modalità avremmo potuto centrare il risultato, anche in funzione delle modifiche che l’uomo ha apportato a molti ambienti, all’accresciuta presenza di potenziali fonti di disturbo e di minaccia lungo le rotte di spostamento. Da allora sono state molte le azioni compiute sul territorio. Nei primi quattro anni si è cercato di stimolare la permanenza durante il periodo riproduttivo degli individui regolarmente svernanti in zona. In una seconda fase, avviata nel 2006 e non ancora conclusa, sono stati trasportati in elicottero - dalla Corsica al centro di involo di Bocca d’Ombrone, - ben 33 piccoli falchi, una media di 6 all’anno. Adesso la prima, straordinaria nidificazione, frutto dell’incontro tra un maschio proveniente dalla Corsica, cresciuto ed involato qui, e una femmina non censita, nata e cresciuta in natura”.
Il progetto di ricostituzione di una popolazione nidificante di falco pescatore nel Parco della Maremma è stato sostenuto dalla Regione Toscana attraverso il programma Interreg III del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. L'iniziativa inoltre è stata incoraggiata sia da Legambiente (che ha il merito di aver creato i contatti con il parco regionale della Corsica) sia dal Wwf Italia, che nel 2006 ha addirittura insignito il Parco della Maremma con il prestigioso “Panda d'Oro” per il valore conservazionistico del progetto. A questo successo hanno quindi contribuito in modo determinante molte persone. Oltre al già citato Parco regionale della Corsica, il corpo di vigilanza e, ovviamente, i componenti del gruppo di lavoro. Tra questi il dottor Flavio Monti, che ha condotto la maggior parte dei rilievi di campo, oggetto di due tesi di laurea; e l'esterno Fabio Cianchi, dell'oasi Wwf Lago di Burano.
"Il ritorno di questa fragilissima specie – commenta il dottor Andrea Sforzi, responsabile scientifico del progetto Falco pescatore e direttore del
museo di storia naturale della Maremma - è di fondamentale importanza per la ricostituzione della complessa piramide alimentare che caratterizza gli ecosistemi acquatici, di cui il falco pescatore rappresenta il vertice”. E infatti l'area scelta per questa straordinaria e attesa nidificazione è la foce del fiume Ombrone e il palude della Trappola, un sistema umido caratterizzato da acque basse e ricche di pesce. Ma i falchi non si sono limitati a frequentare l'area del Parco della Maremma; molti di loro si sono allontanti in dispersione e si attende il loro rientro quando avranno raggiunto la maturità sessuale; altri frequentano le numerose aree umide costiere della Toscana. Ci sono state anche segnalazioni di falchi con anelli blu e scritta bianca (codice identificativo del progetto) avvistati in aree molto più a nord. Insomma: una vera e propria ricolonizzazione, di cui il Parco della Maremma costituisce il motore principale, ma che è destinata, negli auspici del gruppo di lavoro, ad interessare una vasta area della nostra penisola.
Fonte: Maremmanews, Martedì 31 Maggio 2011
Alberese: Dopo 42 anni una coppia di falco pescatore ha di nuovo nidificato sul suolo italiano. Lo ha fatto nel Parco della Maremma, vicino alla foce del fiume Ombrone, in un’area palustre. Le uova di questo spettacolare rapace si erano schiuse per l'ultima volta - in natura - nel 1969, in nidi collocati sulle coste sarde e siciliane. In Toscana l’ultima nidificazione documentata è ancora più indietro nel tempo: 1929, isola di Montecristo.
Riferimenti temporali che rendono l’idea dell’eccezionalità di ciò che – dopo molti anni di lavoro da parte dell’Ente Parco – è accaduto di recente ad Alberese, in provincia di Grosseto. I ricercatori hanno assisto negli ultimi mesi alla nidificazione di una coppia di falchi, alla schiusa delle uova e, recentemente, ai primi movimenti dei pulli. Grazie ad un sistema di videosorveglianza che controlla il comportamento dei falchi e quanto avviene intorno a loro.
Con meno di un centinaio di coppie riproduttive distribuite tra la Corsica, isole Baleari, Algeria e Marocco, la popolazione mediterranea di falco pescatore costituisce un’entità vulnerabile sotto il profilo conservazionistico. In Italia la scomparsa della specie si fa risalire tra gli anni ’50 e ’60, probabilmente per una persecuzione diretta.
Anche in Corsica il falco pescatore ha rischiato di seguire lo stesso destino di altre popolazioni mediterranee; nel 1974 ne restavano infatti solo 4 coppie. Fortunatamente, l’adozione tempestiva e prolungata di efficaci strumenti di conservazione e controllo del territorio ha portato ad un recupero straordinario della specie, fino alla trentina di coppie attualmente nidificanti.
Il successo dell’operazione condotta dal Parco regionale della Corsica e, in particolare dal personale della riserva marina di Scandola, ha creato le condizioni perchè si potesse realizzare un progetto di conservazione coordinato, che interessasse anche le coste italiane. In questo processo si è inserito quasi dieci anni fa il Parco della Maremma, per volontà del suo presidente Giampiero Sammuri.
“Durante un viaggio in Corsica – racconta Sammuri - mi spiegarono che tutti i siti idonei per la nidificazione del falco pescatore (concentrati nelle falesie della costa occidentale) erano ormai arrivati a saturazione e la popolazione locale sembrava essere giunta al suo limite massimo di espansione. Ne parlai con il dottor Andrea Sforzi, con altri componenti del gruppo di lavoro e con gli esperti corsi; alla fine pensammo ad un progetto di lungo periodo per riportare in Italia questa specie come nidificante. Sapevamo che l’Arcipelago Toscano e la costa tirrenica centrale potevano essere luoghi ideali per una riconquista spontanea da parte del falco pescatore del proprio areale di distribuzione originario. Tuttavia nel 2002 era impossibile predire se, quando e con quali modalità avremmo potuto centrare il risultato, anche in funzione delle modifiche che l’uomo ha apportato a molti ambienti, all’accresciuta presenza di potenziali fonti di disturbo e di minaccia lungo le rotte di spostamento. Da allora sono state molte le azioni compiute sul territorio. Nei primi quattro anni si è cercato di stimolare la permanenza durante il periodo riproduttivo degli individui regolarmente svernanti in zona. In una seconda fase, avviata nel 2006 e non ancora conclusa, sono stati trasportati in elicottero - dalla Corsica al centro di involo di Bocca d’Ombrone, - ben 33 piccoli falchi, una media di 6 all’anno. Adesso la prima, straordinaria nidificazione, frutto dell’incontro tra un maschio proveniente dalla Corsica, cresciuto ed involato qui, e una femmina non censita, nata e cresciuta in natura”.
Il progetto di ricostituzione di una popolazione nidificante di falco pescatore nel Parco della Maremma è stato sostenuto dalla Regione Toscana attraverso il programma Interreg III del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. L'iniziativa inoltre è stata incoraggiata sia da Legambiente (che ha il merito di aver creato i contatti con il parco regionale della Corsica) sia dal Wwf Italia, che nel 2006 ha addirittura insignito il Parco della Maremma con il prestigioso “Panda d'Oro” per il valore conservazionistico del progetto. A questo successo hanno quindi contribuito in modo determinante molte persone. Oltre al già citato Parco regionale della Corsica, il corpo di vigilanza e, ovviamente, i componenti del gruppo di lavoro. Tra questi il dottor Flavio Monti, che ha condotto la maggior parte dei rilievi di campo, oggetto di due tesi di laurea; e l'esterno Fabio Cianchi, dell'oasi Wwf Lago di Burano.
"Il ritorno di questa fragilissima specie – commenta il dottor Andrea Sforzi, responsabile scientifico del progetto Falco pescatore e direttore del
museo di storia naturale della Maremma - è di fondamentale importanza per la ricostituzione della complessa piramide alimentare che caratterizza gli ecosistemi acquatici, di cui il falco pescatore rappresenta il vertice”. E infatti l'area scelta per questa straordinaria e attesa nidificazione è la foce del fiume Ombrone e il palude della Trappola, un sistema umido caratterizzato da acque basse e ricche di pesce. Ma i falchi non si sono limitati a frequentare l'area del Parco della Maremma; molti di loro si sono allontanti in dispersione e si attende il loro rientro quando avranno raggiunto la maturità sessuale; altri frequentano le numerose aree umide costiere della Toscana. Ci sono state anche segnalazioni di falchi con anelli blu e scritta bianca (codice identificativo del progetto) avvistati in aree molto più a nord. Insomma: una vera e propria ricolonizzazione, di cui il Parco della Maremma costituisce il motore principale, ma che è destinata, negli auspici del gruppo di lavoro, ad interessare una vasta area della nostra penisola.
Fonte: Maremmanews, Martedì 31 Maggio 2011
Successo per manifestazione per il Fosso Fioio (Simbruini)
Una domenica di festa per la biodiversità e lo sviluppo sostenibile dell’Appennino
Gli organizzatori: “È stato un grande successo”
Oltre le aspettative la buona riuscita dell’escursione-manifestazione per la Valle del Fioio, nel territorio di Camerata Nuova (RM), l’evento organizzato, domenica scorsa 29 maggio, da dieci Associazioni ambientaliste e della montagna.
Ben trecentocinquanta persone hanno “invaso” pacificamente il piccolo borgo del Parco regionale dei Monti Simbruini, che conta appena 480 abitanti.
Rispondendo in questo modo all’invito delle associazioni, condividendone gli obiettivi, di far conoscere e difendere uno scrigno di biodiversità nel cuore dell’Appennino laziale-abruzzese e dimostrare che l’unico sviluppo possibile è quello che non distrugge ma che tutela il patrimonio naturale e culturale.
Il Fosso Fioio, lo ricordiamo, è un ambiente di rara bellezza e di inestimabile valore ecologico al confine tra Lazio e Abruzzo: un habitat di importanza comunitaria, che ospita specie vegetali rare e tutelate e numerose specie animali, tra le quali alcune in grave rischio di estinzione e oggetto di specifici piani di protezione, come l’Orso marsicano e il Picchio dorsobianco.
“L’occasione è stata utile anche per osservare la flora di quel territorio” - dichiarano gli organizzatori - “la valenza naturalistica dell’area è confermata dalle molte specie di rilievo o rare osservate di cui comunicheremo la presenza agli uffici tecnici del parco”.
Questo patrimonio naturale, che potrebbe rappresentare una delle risorse più preziose per lo sviluppo locale, è oggi minacciato da un progetto di sistemazione di una strada, proposto da anni dagli amministratori di Camerata, che ne comprometterebbe irreversibilmente i valori naturalistici e l’equilibrio idrogeologico.
“Il nostro “ambientalismo fatto coi piedi” usa argomenti molto convincenti” – aggiungono gli Organizzatori - “dopo essere stati personalmente nel Fioio, 350 persone si sono convinte, oltre ogni dubbio, che questa strada è veramente inutile e insensata!”.
La cifra del successo è rappresentata dalla stupita e positiva accoglienza dei cittadini e dalla numerosa e convinta partecipazione degli amanti della natura e della montagna, provenienti da Lazio e Abruzzo, che hanno scoperto la bellezza di quei luoghi e hanno toccato con mano l'assurdità del progetto della strada.
Il successo più grande, a detta degli organizzatori, però, è stato il dialogo aperto con i giovani di alcune associazioni locali, con i quali si è concordato un percorso di collaborazione per predisporre iniziative di sviluppo sostenibile per Camerata e il Fosso Fioio, nel contesto più ampio dell’area dei Simbruini, per mettere così a frutto la spinta propositiva dell’evento del 29 maggio.
Roma, 31 maggio 2011
Associazione Guardie dei Parchi e delle Aree Protette del Lazio, ALTURA, CAI, FederTrek, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness, Trekking Italia, UISP Lega Montagna e WWF
Difendiamo Fosso Fioio
Per la tutela della biodiversità e lo sviluppo sostenibile dell’Appennino!
Il Fosso Fioio è un ambiente di rara bellezza e di inestimabile valore ecologico: un habitat di importanza comunitaria, che ospita specie vegetali rare e tutelate e numerose specie animali, tra le quali alcune in grave rischio di estinzione e oggetto di specifici piani di protezione, come l’Orso marsicano e il Picchio dorsobianco. Il Fioio è compreso, in parte, nel territorio del Parco Regionale dei Monti Simbruini.
Questo scrigno di biodiversità, così importante per il futuro di tutti noi, è anche una delle risorse più preziose per lo sviluppo locale. I piccoli comuni del territorio, e segnatamente Camerata Nuova, colpiti dallo spopolamento e dalla marginalizzazione che negli ultimi quarant’anni ha imperversato su tutto l’Appennino, possono – e devono – trovare nuove opportunità di sviluppo nel patrimonio naturale di cui sono ricchi: aria e acqua pulite, paesaggi, bellezze naturali, biodiversità, spazi e tempi “umani”, ecc. Si tratta di risorse preziose e specifiche, sempre più richieste da chi, quotidianamente, vive in ambienti urbani stressanti, in contesti ambientali compromessi, con ritmi di vita inumani.
Il turismo naturalistico, che valorizza in modo sostenibile queste risorse, è un segmento di domanda in forte crescita. Il Fioio può e deve essere il fulcro di un sistema locale di offerta turistica “verde” all’avanguardia, propulsivo per tutta l’economia locale.
Se il Fosso Fioio diventerà una strada percorribile dalle macchine, tutta la ricchezza naturale della zona andrà irrimediabilmente perduta. Dal punto di vista economico, la scelta di investire 1 milione e mezzo di euro per rendere il Fioio carrozzabile è totalmente insostenibile: i danni ambientali saranno permanenti, a fronte di nessun beneficio economico: la strada avrà costi di manutenzione altissimi e sarà destinata a rovinare dopo pochi anni; la fruizione turistica “motorizzata” sarà insignificante e non porterà flussi di reddito in loco; il turismo “verde” abbandonerà la zona.
Forse qualche costruttore si arricchirà, ma alle popolazioni locali non resterà nulla, se non un territorio rapinato, più povero di prima. L’abbiamo visto accadere molte volte sulle nostre montagne.
L’idea che i flussi di pellegrinaggio verso il Santuario della SS. Trinità di Vallepietra, passando per il Fioio, rechino benefici a Camerata Nuova e alle zone limitrofe è risibile ed è tutta da dimostrare. Noi riteniamo, invece, che tali flussi non si verificheranno e non compenseranno nemmeno lontanamente lo sforzo economico della costruzione della strada e della sua manutenzione. Né altri benefici economici sostanziali sono adducibili per giustificare questo spreco di risorse.
Gli stessi soldi pubblici potrebbero essere investiti meglio, in progetti alternativi di valorizzazione turistica del territorio cameratano:
• progetti di marketing territoriale, che facciano conoscere la qualità ambientale della zona e che rendano Camerata un punto di riferimento per chi vuole praticare l’escursionismo a piedi, in bicicletta, a cavallo, o semplicemente per chi vuole rilassarsi apprezzando le bellezze del luogo e le sue risorse eno-gastronomiche;
• progetti di rilancio del turismo religioso, che recuperino l’antico e profondo valore del pellegrinaggio a piedi verso la SS. Trinità, facendo di Camerata Nuova la porta d’accesso a un percorso di grande senso spirituale, sul modello di altri itinerari simili, che in Italia e in Europa
• progetti di incentivazione dell’offerta turistica locale, a cominciare dalle attività imprenditoriali locali, dall’accoglienza e la ristorazione, all’artigianato tipico, alla filiera agro-silvo-pastorale;
• progetti di conservazione del patrimonio ambientale e culturale (restauri, recuperi e riqualificazioni ambientali), nonché azioni di animazione, sia temporanee (mostre, esposizioni, manifestazioni in ambiente naturale), sia fisse (musei, aree faunistiche, parchi natura), ovviamente secondo criteri di stretta sostenibilità ambientale.
Per fare tutto ciò, ritenendo che si tratti di una visione dello sviluppo locale del territorio cameratano non solo più sostenibile dal punto di vista ambientale, ma anche più credibile dal punto di vista economico, per evitare la distruzione del territorio e lo sperpero di risorse pubbliche,
CHIEDIAMO
• che si fermi ogni progetto di manomissione del fondo naturale e delle caratteristiche morfologiche, geologiche e in generale del contesto ambientale del Fosso Fioio;
• che l’accesso al Fosso Fioio e la sua percorribilità con mezzi meccanici motorizzati sia interdetta, fatte salve le strette necessità relative ai diritti d’uso civico, ma con sistemi che garantiscano il rispetto dei divieti da parte di terzi non aventi diritto (a es.: sbarre le cui chiavi siano disponibili solo per i titolari di usi civici o altri diritti riconosciuti);
• che venga fatto rispettare integralmente il Regolamento del Parco Regionale dei Monti Simbruini attualmente vigente, in particolare per le disposizioni riguardanti l’accesso al Fosso Fioio e alle altre strade e vie di comunicazione ricadenti nel territorio del Parco;
• che si ponga fine al commissariamento del Parco Regionale dei Monti Simbruini, si ritorni alla gestione ordinaria con la costituzione degli organi di gestione secondo le norme in materia;
• che si riconosca al Parco Regionale dei Monti Simbruini una dotazione finanziaria congrua alle finalità istituzionali dell’Ente, mettendo fine alla ormai annosa fase di depauperamento finanziario delle Aree protette regionali;
• che si realizzi un piano di efficientamento gestionale dell’Ente Parco, anche sotto il profilo occupazionale, attraverso un confronto ampio e approfondito tra Amministrazione regionale ed Enti locali, Associazioni rappresentative e tutti i soggetti pubblici e privati interessati, al fine di liberare risorse per la tutela ambientale e lo sviluppo sostenibile del territorio protetto;
• che lo stesso metodo di confronto e partecipazione del punto precedente sia utilizzato per la definizione di un Piano di sviluppo del turismo naturalistico nell’area cameratana, coerentemente con gli strumenti di programmazione già esistenti e con un’ottica di area vasta e di lungo periodo.
Gli organizzatori: “È stato un grande successo”
Oltre le aspettative la buona riuscita dell’escursione-manifestazione per la Valle del Fioio, nel territorio di Camerata Nuova (RM), l’evento organizzato, domenica scorsa 29 maggio, da dieci Associazioni ambientaliste e della montagna.
Ben trecentocinquanta persone hanno “invaso” pacificamente il piccolo borgo del Parco regionale dei Monti Simbruini, che conta appena 480 abitanti.
Rispondendo in questo modo all’invito delle associazioni, condividendone gli obiettivi, di far conoscere e difendere uno scrigno di biodiversità nel cuore dell’Appennino laziale-abruzzese e dimostrare che l’unico sviluppo possibile è quello che non distrugge ma che tutela il patrimonio naturale e culturale.
Il Fosso Fioio, lo ricordiamo, è un ambiente di rara bellezza e di inestimabile valore ecologico al confine tra Lazio e Abruzzo: un habitat di importanza comunitaria, che ospita specie vegetali rare e tutelate e numerose specie animali, tra le quali alcune in grave rischio di estinzione e oggetto di specifici piani di protezione, come l’Orso marsicano e il Picchio dorsobianco.
“L’occasione è stata utile anche per osservare la flora di quel territorio” - dichiarano gli organizzatori - “la valenza naturalistica dell’area è confermata dalle molte specie di rilievo o rare osservate di cui comunicheremo la presenza agli uffici tecnici del parco”.
Questo patrimonio naturale, che potrebbe rappresentare una delle risorse più preziose per lo sviluppo locale, è oggi minacciato da un progetto di sistemazione di una strada, proposto da anni dagli amministratori di Camerata, che ne comprometterebbe irreversibilmente i valori naturalistici e l’equilibrio idrogeologico.
“Il nostro “ambientalismo fatto coi piedi” usa argomenti molto convincenti” – aggiungono gli Organizzatori - “dopo essere stati personalmente nel Fioio, 350 persone si sono convinte, oltre ogni dubbio, che questa strada è veramente inutile e insensata!”.
La cifra del successo è rappresentata dalla stupita e positiva accoglienza dei cittadini e dalla numerosa e convinta partecipazione degli amanti della natura e della montagna, provenienti da Lazio e Abruzzo, che hanno scoperto la bellezza di quei luoghi e hanno toccato con mano l'assurdità del progetto della strada.
Il successo più grande, a detta degli organizzatori, però, è stato il dialogo aperto con i giovani di alcune associazioni locali, con i quali si è concordato un percorso di collaborazione per predisporre iniziative di sviluppo sostenibile per Camerata e il Fosso Fioio, nel contesto più ampio dell’area dei Simbruini, per mettere così a frutto la spinta propositiva dell’evento del 29 maggio.
Roma, 31 maggio 2011
Associazione Guardie dei Parchi e delle Aree Protette del Lazio, ALTURA, CAI, FederTrek, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness, Trekking Italia, UISP Lega Montagna e WWF
Difendiamo Fosso Fioio
Per la tutela della biodiversità e lo sviluppo sostenibile dell’Appennino!
Il Fosso Fioio è un ambiente di rara bellezza e di inestimabile valore ecologico: un habitat di importanza comunitaria, che ospita specie vegetali rare e tutelate e numerose specie animali, tra le quali alcune in grave rischio di estinzione e oggetto di specifici piani di protezione, come l’Orso marsicano e il Picchio dorsobianco. Il Fioio è compreso, in parte, nel territorio del Parco Regionale dei Monti Simbruini.
Questo scrigno di biodiversità, così importante per il futuro di tutti noi, è anche una delle risorse più preziose per lo sviluppo locale. I piccoli comuni del territorio, e segnatamente Camerata Nuova, colpiti dallo spopolamento e dalla marginalizzazione che negli ultimi quarant’anni ha imperversato su tutto l’Appennino, possono – e devono – trovare nuove opportunità di sviluppo nel patrimonio naturale di cui sono ricchi: aria e acqua pulite, paesaggi, bellezze naturali, biodiversità, spazi e tempi “umani”, ecc. Si tratta di risorse preziose e specifiche, sempre più richieste da chi, quotidianamente, vive in ambienti urbani stressanti, in contesti ambientali compromessi, con ritmi di vita inumani.
Il turismo naturalistico, che valorizza in modo sostenibile queste risorse, è un segmento di domanda in forte crescita. Il Fioio può e deve essere il fulcro di un sistema locale di offerta turistica “verde” all’avanguardia, propulsivo per tutta l’economia locale.
Se il Fosso Fioio diventerà una strada percorribile dalle macchine, tutta la ricchezza naturale della zona andrà irrimediabilmente perduta. Dal punto di vista economico, la scelta di investire 1 milione e mezzo di euro per rendere il Fioio carrozzabile è totalmente insostenibile: i danni ambientali saranno permanenti, a fronte di nessun beneficio economico: la strada avrà costi di manutenzione altissimi e sarà destinata a rovinare dopo pochi anni; la fruizione turistica “motorizzata” sarà insignificante e non porterà flussi di reddito in loco; il turismo “verde” abbandonerà la zona.
Forse qualche costruttore si arricchirà, ma alle popolazioni locali non resterà nulla, se non un territorio rapinato, più povero di prima. L’abbiamo visto accadere molte volte sulle nostre montagne.
L’idea che i flussi di pellegrinaggio verso il Santuario della SS. Trinità di Vallepietra, passando per il Fioio, rechino benefici a Camerata Nuova e alle zone limitrofe è risibile ed è tutta da dimostrare. Noi riteniamo, invece, che tali flussi non si verificheranno e non compenseranno nemmeno lontanamente lo sforzo economico della costruzione della strada e della sua manutenzione. Né altri benefici economici sostanziali sono adducibili per giustificare questo spreco di risorse.
Gli stessi soldi pubblici potrebbero essere investiti meglio, in progetti alternativi di valorizzazione turistica del territorio cameratano:
• progetti di marketing territoriale, che facciano conoscere la qualità ambientale della zona e che rendano Camerata un punto di riferimento per chi vuole praticare l’escursionismo a piedi, in bicicletta, a cavallo, o semplicemente per chi vuole rilassarsi apprezzando le bellezze del luogo e le sue risorse eno-gastronomiche;
• progetti di rilancio del turismo religioso, che recuperino l’antico e profondo valore del pellegrinaggio a piedi verso la SS. Trinità, facendo di Camerata Nuova la porta d’accesso a un percorso di grande senso spirituale, sul modello di altri itinerari simili, che in Italia e in Europa
• progetti di incentivazione dell’offerta turistica locale, a cominciare dalle attività imprenditoriali locali, dall’accoglienza e la ristorazione, all’artigianato tipico, alla filiera agro-silvo-pastorale;
• progetti di conservazione del patrimonio ambientale e culturale (restauri, recuperi e riqualificazioni ambientali), nonché azioni di animazione, sia temporanee (mostre, esposizioni, manifestazioni in ambiente naturale), sia fisse (musei, aree faunistiche, parchi natura), ovviamente secondo criteri di stretta sostenibilità ambientale.
Per fare tutto ciò, ritenendo che si tratti di una visione dello sviluppo locale del territorio cameratano non solo più sostenibile dal punto di vista ambientale, ma anche più credibile dal punto di vista economico, per evitare la distruzione del territorio e lo sperpero di risorse pubbliche,
CHIEDIAMO
• che si fermi ogni progetto di manomissione del fondo naturale e delle caratteristiche morfologiche, geologiche e in generale del contesto ambientale del Fosso Fioio;
• che l’accesso al Fosso Fioio e la sua percorribilità con mezzi meccanici motorizzati sia interdetta, fatte salve le strette necessità relative ai diritti d’uso civico, ma con sistemi che garantiscano il rispetto dei divieti da parte di terzi non aventi diritto (a es.: sbarre le cui chiavi siano disponibili solo per i titolari di usi civici o altri diritti riconosciuti);
• che venga fatto rispettare integralmente il Regolamento del Parco Regionale dei Monti Simbruini attualmente vigente, in particolare per le disposizioni riguardanti l’accesso al Fosso Fioio e alle altre strade e vie di comunicazione ricadenti nel territorio del Parco;
• che si ponga fine al commissariamento del Parco Regionale dei Monti Simbruini, si ritorni alla gestione ordinaria con la costituzione degli organi di gestione secondo le norme in materia;
• che si riconosca al Parco Regionale dei Monti Simbruini una dotazione finanziaria congrua alle finalità istituzionali dell’Ente, mettendo fine alla ormai annosa fase di depauperamento finanziario delle Aree protette regionali;
• che si realizzi un piano di efficientamento gestionale dell’Ente Parco, anche sotto il profilo occupazionale, attraverso un confronto ampio e approfondito tra Amministrazione regionale ed Enti locali, Associazioni rappresentative e tutti i soggetti pubblici e privati interessati, al fine di liberare risorse per la tutela ambientale e lo sviluppo sostenibile del territorio protetto;
• che lo stesso metodo di confronto e partecipazione del punto precedente sia utilizzato per la definizione di un Piano di sviluppo del turismo naturalistico nell’area cameratana, coerentemente con gli strumenti di programmazione già esistenti e con un’ottica di area vasta e di lungo periodo.
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