sabato 22 dicembre 2012

lunedì 17 dicembre 2012

Rapaci colpiti in Abruzzo: LIPU e ALTURA chiedono un rafforzamento degli organici degli organi di controllo antibracconaggio


Domenica di ordinaria follia venatoria. Tre diversi atti di bracconaggio ai danni di alcuni rapaci feriti o uccisi da pseudo cacciatori nelle campagne del pescarese. Interviene il Corpo Forestale dello Stato in una cronica situazione di personale sotto organico e di mancanza di fondi.

Nella giornata di domenica scorsa - fanno sapere Daniele Valfrè e Stefano Allavena responsabili per l'Abruzzo di LIPU e ALTURA -  si sono riscontrati diversi atti di bracconaggio in provincia di Pescara ai danni di alcuni esemplari di poiana (Buteo buteo), un specie di rapace non cacciabile e particolarmente protetta ai sensi della Legge 157 del 1992 (Legge nazionale sul prelievo venatorio).
Un esemplare ferito è stato preso in consegna dal personale del Corpo Forestale dello Stato e ricoverato presso il centro recupero fauna selvatica di Pescara per le cure del caso.
L’episodio più grave si è riscontrato nelle campagne di Loreto Aprutino dove, poco prima di mezzogiorno, una poiana posata su un palo della luce è stata uccisa sparando dal finestrino di un’auto (lato passeggero) dalla strada comunale, a poche decine di metri da alcune abitazioni e da alcuni passanti, prontamente intervenuti per bloccare i colpevoli del reato e impedire che portassero via il corpo del rapace. Malgrado ciò i responsabili del gesto meschino si davano alla fuga nelle campagne circostanti.
Sul posto è intervenuta una pattuglia del Corpo Forestale dello Stato, che ha accertato i fatti e prelevato il corpo della poiana. La pattuglia era la stessa che era intervenuta negli altri fatti accaduti domenica, l’unica in servizio nella provincia di Pescara.

ALTURA e LIPU denunciano il grave stato di carenza di personale e di fondi destinati a questi, specie per i giorni di prelievo venatorio, di Corpo Forestale dello Stato e Polizia Provinciale che si ripercuote in maniera negativa sul fronte della prevenzione e repressione degli illeciti nei confronti di chi non è capace a sottostare a semplici regole di civiltà.


ALTURA e LIPU SI SONO OPPOSTI A TRE PROGETTI EOLICI IMPATTANTI IN ABRUZZO

CRESTA COPPO VOLPE
Il Comitato per la Valutazione dell’Impatto Ambientale della Regione, nella riunione dell’11 dicembre ha, tra le tante cose, esaminato tre progetti di centrali eoliche particolarmente impattanti sul paesaggio, sugli ambienti naturali, sulla fauna selvatica. Su questi progetti sono stati sentiti dal Comitato anche gli esperti di LIPU e di ALTURA.
Un progetto, non approvato, riguardava le montagne più selvagge a ridosso del Parco regionale del Sirente-Velino, in comune di Tornimparte. Una zona ancora intatta frequentata dall’orso marsicano, dal lupo, dal cervo. La centrale eolica avrebbe messo a repentaglio anche la sopravvivenza nella zona dell’aquila reale  e della principale colonia di avvoltoio grifone di tutta Italia, frutto di un progetto di reintroduzione in zona, effettuato una ventina di anni fa dal Corpo Forestale dello Stato utilizzando esemplari portati dalla Spagna. Sia i grifoni che le aquile avrebbero potuto essere facilmente uccisi, per collisione con le pale rotanti degli aerogeneratori,  durante il volo.
Altro progetto respinto riguarda la centrale progettata in comune di Cupello, in provincia di Chieti, a pochissima distanza da una discarica che costituisce un’insostituibile risorsa alimentare per un'importante colonia di nibbi reali, grandi rapaci sempre più rari e in Abruzzo presenti solamente in una parte della provincia di Chieti, e, nei mesi primaverili - estivi, per alcune coppie di nibbio bruno. Anche i nibbi vengono facilmente uccisi dalle pale rotanti durante il loro lento volo volteggiante. Si tratta di specie particolarmente protette a livello nazionale e comunitario che la regione ha il preciso dovere di tutelare, anche per quanto riguarda la salvaguardia dei loro ambienti di vita.

Il Comitato VIA ha poi esaminato un altro progetto di centrale eolica nei comuni di Pizzoferrato e Quadri, in provincia di Chieti e praticamente ai confini del Parco Nazionale della Maiella. Si tratta di uno dei paesaggi più integri di tutto l’Appennino, già celebre più di duecento anni fa. E’ inoltre di importanza particolare  per la presenza  dell’orso bruno marsicano. La specie simbolo della regione Abruzzo, ridotta al massimo ad una cinquantina di esemplari, ha bisogno per sopravvivere di territori incontaminati e una centrale eolica, con tutto ciò che comporta, anche in fatto di  rumore delle pale, è chiaramente incompatibile con la sua presenza.  Il Comitato ha rinviato la decisione finale su questo punto in attesa di ulteriori approfondimenti in merito alla presenza dell’orso. Chiediamo che anche l’Ente Parco Nazionale della Majella faccia sentire la propria voce in difesa dell’orso marsicano e del suo ambiente.

 Città S. Angelo, 14 dicembre 2012


Dott. Stefano Allavena
Delegato LIPU per l’ Abruzzo
    

Dott. Daniele Valfrè
Responsabile per l’Abruzzo di ALTURA

venerdì 14 dicembre 2012

Primi risultati del censimento dei nibbi reali svernanti a dicembre in Italia

Nei giorni 7 8 e 9 dicembre scorsi si è svolta la prima sessione di censimento rivolta alla popolazione svernante di Nibbio reale in Italia, progetto coordinato dal CISO e giunto al suo secondo anno di svolgimento. Il cattivo tempo ha caratterizzato tutti e tre i giorni deputati ai conteggi, influenzando così i risultati soprattutto in Italia centrale. Tuttavia il risultato ottenuto è piuttosto interessante, soprattutto in considerazione delle già citate pessime condizioni meteo. Complessivamente sono stati censiti 1.483 - 1.524 Nibbi reali distribuiti in 9 regioni e in 28 dormitori complessivi. Il dato più eclatante è quello della Basilicata con ben 1.102 individui in 16 dormitori, dei quali due con oltre 200 soggetti! Notizie invece non molto incoraggianti provengono dalle due Isole maggiori, dove la popolazione di Nibbio reale sembra ridotta al lumicino. Le forti nevicate in Abruzzo e Molise non hanno consentito di coprire in maniera adeguata i siti conosciuti per queste due regioni che, grazie all'impegno di molti volontari, saranno "recuperate" nei prossimi giorni. La seconda sessione di censimenti si terrà nel periodo 4-6 gennaio 2013, in occasione dello European Red Kite Census. Alla conclusione dei rilievi di gennaio sarà prodotto un report scaricabile dal sito del CISO http://ciso-coi.it/ Egidio Fulco, coordinatore del Progetto ringrazia tutti i rilevatori che (in maniera TOTALMENTE volontaria) hanno sfidato il vento, la neve e il gelo per "dare i numeri" contando all'imbrunire questi magnifici rapaci.

Tartarughe marine in Calabria: un successo nazionale

Salvatore Urso ci segnala un interessante video sulla riproduzione delle tartarughe marine in Calabria. Si tratta di un breve saggio delle attività di ricerca e conservazione svolte dal Dipartimento di Ecologia dell’Università della Calabria (Progetto TARTACare).

giovedì 6 dicembre 2012

Associazioni ambientaliste si oppongono alla Via Ferrata nel SIC-ZPS Dolomiti di Pietrapertosa in Basilicata

Alcune associazioni (Altura, Città Plurale Matera, Lanius, Lipu, Movimento Azzurro Murge materane e OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista) hanno inviato una lettera al Presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo, all’Assessore all’Ambiente Vilma Mazzocco e al Direttore Generale del Dipartimento Ambiente e Territorio Donato Viggiano e per conoscenza al Presidente dell’Ente Parco Regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane di Accettura per chiedere chiarimenti sul Progetto denominato "Via ferrata Dolomiti lucane”. 
Riportiamo la nota integrale.




Oggetto:  Progetto via ferrata “Dolomiti Lucane”.
I fondi europei  servono, come la tela di Penelope, prima per tessere e poi disfare, basta cambiare  l'angolo di osservazione o meglio, per essere più chiari, servono  a prelevare da più forni e spesso gli interventi fanno a cazzotti tra di loro.
La vicenda, squallida in vero, della “Via Ferrata” che si vorrebbe finanziare  con fondi comunitari  nell'ambito del P.O. FESR 2007/2013 per  440 mila Euro ne è l'esempio classico. Già nel 2005 la Regione Basilicata con la DGR n° 1608  escluse  l'intervento in quanto sussistevano dubbi circa l'eventuale impatto sull’equilibrio faunistico, in particolare avifauna particolarmente protetta, della
zona. Significa, in poche parole, che i progettisti restarono con la bocca asciutta  ma il progetto era ormai pronto e bisognava riprovarci.
Lo si fa con i P.O. FESR 2007/2013  per l'importo che abbiamo detto e malgrado  vi siano stati appositi studi  di settore anche questi finanziati dalla Comunità Europea nell’ ambito del Progetto Rete Natura 2000 costato, almeno, 2 milioni e 600 mila Euro.
Un progetto, Rete Natura 2000, che quando nel 2009 venne annunziato, come al solito in pompa magna, dell'Assessore all'Ambiente di turno permise di dire che l'Ambiente e la Natura andavano tutelati  e per fare questo  si sarebbero messi in campo i migliori professionisti e le solite università. E' da ritenere che venne fuori un lavoro ben fatto  tanto è che nel giugno scorso il Presidente De Filippo, l'Assessore Mazzocco e tanta altra bella gente si recarono in pellegrinaggio a Roma  per illustrare alla platea  il modo con il quale si era mossa la Basilicata e soffermarsi sulla solita melina  fatta di   conservazione della biodiversità, esigenza di  garantire il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario.  In quel contesto si affannarono anche  ad illustrare il modello metodologico innovativo avente caratteristiche  come la multidisciplinarità, competenza, complessità, pianificazione integrata e partecipazione: quante belle parole! Abbiamo detto che i progettisti della “ Via Ferrata” non potevano restare a bocca asciutta ed allora il discorso sull'intervento si riapre. Di cosa  si discute? Di impiantare un  percorso turistico estremo che penetra direttamente negli habitat riproduttivi, trofici e lungo i percorsi di sosta e migrazione  di un lungo elenco di specie rare o in via di estinzione di uccelli, ovviamente protette, in una area SIC-ZPS identificata a livello europeo come IT9210105 “Dolomiti di Pietrapertosa”- Il nome del paese è già una referenza - tra le varie specie di volatili vi è anche la Cicogna nera che nidifica nelle coste rocciose delle Dolomiti Lucane, uno dei pochissimi siti, circa una decina, che ospita questa specie a livello nazionale. Specie rarissima dunque che un Ente Parco, attraverso una oculata e attenta protezione della sua  Riserva Integrale e ZPS  Zona di Protezione Speciale, dovrebbe a tutti i livelli tutelare nell’interesse della collettività nazionale ed europea. Ci domandiamo: ma questa benedetta Cicogna nera non aveva altro luogo dove scegliere il suo habitat più idoneo che le Dolomiti Lucane e togliere il sonno al sottoprodotto del sottogoverno chiamato  ad indirizzare, si fa per dire, le sorti del  Parco di Gallipoli Cognato? Nell'ambito del Piano di Gestione del Parco Regionale di Gallipoli Cognato  e Piccole Dolomiti Lucane, piano adottato, l'IT9210105 è Riserva Integrale, in parte, e Riserva Generale Orientata di tipo A, per la parte rimanente.  Nel primo caso l'accesso è consentito solo  per motivi di studio e ricerche,  con visite guidate da personale specializzato  ed altre norme di indirizzo similari, nell'altro caso i termini di fruibilità naturalistica sono meno restrittivi ma vi è, comunque, identica  rigorosità con  indirizzi finalizzati al mantenimento dello status quo. Un intervento come la Via Ferrata, data la peculiarità
dei luoghi e la sensibilità degli habitat,  risulta oltre che  invasivo anche non contemplato. Ricordiamo, altresì, che la congruenza con il Piano di Gestione è una condizionalità necessaria per
godere del beneficio comunitario e che nelle relazioni di valutazioni di impatto ambientale e di incidenza  ambientale emergono molte “imprecisioni” proprie di un lavoro affrettato  e poco qualificato.  
Siccome l'intervento non rientra nel Piano di Gestione, adottato, del  Parco appare evidente come non possa essere finanziato dalla UE e bene fece la Giunta regionale che già nel 2005, anche se all'epoca non vi erano norme restrittive come quelle di oggi, ad  esprimere parere  negativo alla realizzazione dell'intervento.
Già adesso il Ministero dell’Ambiente ha  sollecitato gli organi concorrenti a formare la volontà e principalmente la Regione Basilicata  ad adottare iniziative atte a tutelare le peculiarità naturalistiche del sito.
Il Ministero per la Coesione Territoriale verrà  interessato per la verificare circa  l'appropriatezza della spesa.
Non c'è altro da aggiungere, al momento, ed auguriamo un buon e saggio lavoro.  

Potenza, 6 dicembre 2012

LE ASSOCIAZIONI FIRMATARIE
ALTURA   
CITTA’ PLURALE   
LANIUS   
LIPU  
MOVIMENTO AZZURRO MURGE MATERANE  
OLA 


giovedì 22 novembre 2012

In ricordo di Gaspare Guerrieri



Cari amici, come ricorderete l’estate scorsa l’amico Gaspare Guerrieri ci ha lasciato. ALTURA ha così preso l’iniziativa di promuovere la realizzazione di una targa ricordo da collocare a Poggio Freddara (Tolfa) dove Gaspare era di casa durante le sue tante ricerche ornitologiche.
A tal scopo ALTURA apre una sottoscrizione per la realizzazione di una targa ricordo in memoria di Gaspare Guerrieri da collocarsi su un basamento in cemento.
Tutti coloro che vogliono aderire a questa sottoscrizione dovranno effettuare un versamento sul cc postale N. 16492035 intestato a Associaione ALTURA - Via Levante, 17 – 65013 Città S. Angelo (PE), specificando nella causale: “Sottoscrizione Gaspare Guerrieri”.


Segue una nota di Umberto Di Giacomo, suo compagno in tante escursioni ornitologiche, dedicata a Gaspare.

Nato a Roma il 28/08/1940, fin da bambino Gaspare era stato attratto dalle piccole forme di vita: passava il tempo libero ad osservare insetti e anfibi, che portava a casa per allevarli. L’amore per la natura, trovò successivamente il modo di estrinsecarsi anche durante le lunghe passeggiate col padre e si concentrò presto sugli uccelli. Come accadeva in quegli anni per quasi tutti gli ornitologi, questa grande passione si sviluppò con l’attività venatoria. Dopo la maturità classica, che gli aveva impresso una profonda cultura umanistica, si laureò a pieni voti in biologia. L’insegnamento nella scuola fu lo sbocco lavorativo che gli garantiva di potersi recare ogni fine settimana nelle zone più selvagge dell’Italia centro-meridionale, e soprattutto della Sardegna, e in estate della Francia meridionale e della Spagna. Il grande amore per la natura e per gli uccelli non intaccò mai la dedizione al suo lavoro e la professionalità maturata anche attraverso una profonda conoscenza della psicologia dell’età evolutiva (derivante dallo studio di autori come Freud e Jung). Idolatrato dai suoi studenti, era sempre stato particolarmente sensibile verso quelli che la vita aveva reso meno fortunati. Questa sua sensibilità finì immancabilmente per coinvolgere anche il mondo degli uccelli,spingendolo in pochi anni a passare da cacciatore a fotografo naturalista e poi ad agguerrito ambientalista in quanto, come San Paolo, “fulminato sulla via di Damasco” (parole sue). Anni e anni di immersione negli ambienti naturali lo avevano indotto, più di qualsiasi scuola o corso universitario, ad intuirne la struttura e a “percepirne” le componenti (sapeva identificare tutte le specie di piante e di insetti) e i meccanismi. Membro attivo di molte associazioni ambientaliste (tra le quali ALTURA), nel 1993, fu tra i fondatori del GAROL (Gruppo Attività e Ricerche Ornitologiche del Litorale) di cui fin dall’inizio è stato presidente. Osservatore attento, dotato di grande intuizione e di una mente analitica, oltre alla naturale propensione per l’ecologia e l’etologia, fu spinto ad un certo momento a confrontarsi con gli altri ornitologi. Tra le varie specie o gruppi di uccelli indagati figurano la pernice sarda, il frullino, la beccaccia (un’antica passione), i picchi, la cappellaccia, le averle, le rondini, la monachella, la sterpazzola della Sardegna, la calandra, l’ortolano e lo zigolo capinero. Successivamente aveva preso il sopravvento la passione per i rapaci, dapprima espressa con studi sul litorale laziale, poi con quelli sui notturni e sulle strade, registrandone gli investimenti. Fecero seguito studi eco-etologici sul nibbio bruno nella discarica di Malagrotta (in seguito esteso anche al nibbio reale e ad altre discariche), a Castelporziano (dove aveva realizzato un lavoro a tutto campo su tutte le specie di falconiformi presenti) e insieme alla poiana, in tutto il Lazio. Autore di circa 140 pubblicazioni,conseguì anche importanti riconoscimenti,come quello ottenuto nel 2005, dalla Stazione di Inanellamento di Palermo-Avocetta a seguito dello studio sull’averla piccola nel Tolfetano effettuato con la compagna Amalia Castaldi. Profondo conoscitore e studioso dell’avifauna di tutto il territorio della regione Lazio e testimone dei cambiamenti ambientali intercorsi negli ultimi 60 anni, aveva concentrato molte delle sue più importanti ricerche nel Tolfetano-cerite-manziate (di cui conosceva ogni sasso). Nel 2003 assunse la direzione della rivista “ Uccelli d’Italia” che mantenne sino all’ultimo.

Escursione di ALTURA nel Parco della Murgia materana - 27 giugno 2010










martedì 20 novembre 2012

Lettera eolico pubblicata sul Corriere della Sera



L'articolo a cui si fa riferimento si può leggere cliccando qui

domenica 11 novembre 2012

Albanella reale colpita in Basilicata da bracconieri

COMUNICATO STAMPA CRAS - 10/11/2012
Un nuovo caso di bracconaggio ai rapaci. Recuperata ad Irsina un'Albanella reale ferita da colpi di arma da fuoco.
  
Il CRAS Centro Recupero Animali Selvatici della Provincia di Matera operante presso la Riserva di San Giuliano prosegue nel proprio impegno a favore della fauna in difficoltà.  Dopo il recupero di lunedì 5 novembre  di una Lontra investita in territorio di Pisticci è stato effettuato un nuovo intervento per salvare la vita ad un altro animale protetto.
In agro di Irsina tra sabato e domenica scorsi è stato abbattuto da bracconieri uno stupendo esemplare di Albanella reale femmina, rapace di dimensioni medio-grandi con un’apertura alare che raggiunge 120 centimetri. Un cittadino dopo averla notata sul terreno, ed incapace di volare,  domenica scorsa nelle campagne della località Santa Maria d’Irsi, è riuscito fortunatamente a raccoglierla a farla pervenire presso un ambulatorio veterinario di Matera per poi essere consegnata al CRAS da un volontario martedì scorso .
All’arrivo il maestoso rapace mostrava l’ala sinistra in posizione anormale, segno inequivocabile di qualche  trauma. Inoltre a causa dell’impossibilità di nutrirsi per qualche giorno il suo peso non superava i 370 grammi, troppo basso per un esemplare di quella specie. Immediatamente è stata prontamente soccorsa, reidratata ed alimentata dal responsabile del CRAS per consentirle di recuperare le forze e superare la notte. Era talmente debilitata e magra che non avrebbe potuto sopravvivere un altro giorno senza cure immediate. Poiché vi erano sospetti che l’Albanella potesse essere stata ferita da colpi di arma da fuoco è stata nella giornata di giovedì trasportata presso l’ospedale veterinario della Facoltà di Veterinaria dell’Università di Bari dove è stata subito visitata. All’esame radiografico effettuato sono stati infatti riscontrati nel corpo del rapace alcuni pallini, del tipo usato normalmente per la caccia che gli hanno procurato una frattura al radio-ulna. Non appena avrà recuperato un po’ di peso e forza dovrà essere operata e seguita dai veterinari per alcuni giorni prima di ritornare al CRAS per la degenza post-operatoria e per la riabilitazione. 


Il Responsabile del CRAS Matteo Visceglia dichiara:
Il bracconaggio ai danni delle specie particolarmente protette come i rapaci purtroppo mostra segnali molto preoccupanti in Italia. Le cronache recenti non hanno bisogno di commenti: dopo l’apertura della stagione venatoria sono stati uccisi o feriti molti esemplari di specie di grande di valore conservazionistico. Non c’è giorno che presso i centri di recupero sparsi in tutta Italia non arrivino animali impallinati, gran parte dei quali non sopravvive o nel migliore di casi non potrà essere più liberato in natura. Data l’alta incidenza del bracconaggio sulle specie protette è evidente che non possiamo parlare di errori ma di abbattimenti volontari, dettati solo da un profondo disprezzo per la vita e la natura. Un’Albanella, e come essa tantissime altre specie non confondibili assolutamente con quelle cacciabili,  è impossibile scambiarla per una quaglia o un fagiano. La sua morfologia, anche a distanza,  richiama inequivocabilmente  i rapaci e ciò non dovrebbe lasciare alcun dubbio a coloro che esercitano la caccia. Ecco perché riteniamo che chi abbatte questi animali preziosi vada semplicemente definito bracconiere. Pur in un contesto di non condivisione della caccia, pensiamo che coloro che praticano con senso di responsabilità questa attività debbano isolare e condannare chi ancora oggi si diverte ad uccidere specie particolarmente protette. Le leggi dello stato sono fatte per essere rispettate, ma l’etica del cacciatore onesto e responsabile non dovrebbe aver bisogno di alcuna norma imposta ma deve ascoltare solo la propria coscienza e senso civico”.





L’Albanella reale (Circus cyaneus) appartiene alla famiglia degli Accipitridi, stessa famiglia delle aquile, dei nibbi, degli avvoltoi. La sua presenza in Italia è fondamentalmente legata alla migrazione e allo svernamento. Si stima che la popolazione svernante sia variabile da 1000 a 3000 individui in relazione agli anni e alla rigidità del clima. Il suo areale di nidificazione più importante è concentrato in Russia e in altri paesi dell’Europa centrale oltre che in Asia centrale e settentrionale.

martedì 6 novembre 2012

Strategia Energetica Nazionale: associazioni scrivono al governo

COMUNICATO STAMPA

ALTURA, Amici della Terra, Comitato Nazionale del Paesaggio, Comitato per la Bellezza, Italia Nostra, LIPU-Birdlife Italia, Mountain Wilderness, Movimento Azzurro, Stop al Consumo di Territorio, VA

Cartello di Associazioni scrive al Governo
in occasione della Strategia Energetica Nazionale.
“Dirottare risorse dalle rinnovabili elettriche ad altri settori”


Le rinnovabili elettriche, malgrado la decennale speculazione che le ha portate
già oggi al raggiungimento degli obiettivi comunitari al 2020, continuano a godere
di sostegni inaccettabili. Cosi si creeranno ancora scempi territoriali e nuovi danni all’economia italiana e senza combattere seriamente i gas serra.

Fermare il disastro territoriale, ambientale, paesaggistico, finanziario in atto con la corsa all’eolico, dirottare le risorse finanziarie verso più utili politiche di efficienza e risparmio energetico, investire nel rendere meno impattante il settore del trasporto, rivitalizzare ricerca e innovazione, espandere tecnologie amiche dell’ambiente come quelle nel settore del riscaldamento-raffrescamento. Ulteriore, moderata crescita delle rinnovabili elettriche solo con il fotovoltaico sulle superfici edificate o dove sorgono infrastrutture.

E’ la sintesi dell’articolata e argomentata istanza che, ancora una volta dopo anni, un cartello di Associazioni ambientaliste (ALTURA, Amici della Terra, Comitato Nazionale del Paesaggio, Comitato per la Bellezza, Italia Nostra, LIPU-Birdlife Italia, Mountain Wilderness, Movimento Azzurro, Stop al Consumo di Territorio, VAS) sottopongono ai vertici di governo per affrontare il “caso” tutto italiano dello sviluppo, distorto, delle rinnovabili.

Nella nota trasmessa ai principali Ministri interessati (Finanze, Sviluppo economico, Ambiente, Beni culturali, Agricoltura, Turismo, Coesione territoriale) oltre al premier Monti, si richiama la preoccupazione per il vilipendio di valori territoriali tutt’ora in atto, a causa di errori disastrosi commessi in questi anni e che, invece di essere affrontato, rischia di essere aggravato senza contropartite.
Nella SEN (Strategia Energetica Nazionale), infatti, la soglia del 26,39% di rinnovabili elettriche programmato al 2020, e già oggi raggiunto, viene improvvisamente elevato al 36-38%.
In realtà un aumento “ingannevole” senza alcuna preventiva valutazione di carattere territoriale, ambientale, paesaggistica ed economica, che paradossalmente nasconde conseguenze negative anche per la stessa lotta ai gas serra.

“Da un lato – spiegano le Associazioni - tale aumento dell’obiettivo delle rinnovabili elettriche senza che sia posto alcun limite alle tecnologie, come l’eolico, determinerà il sacrificio su vasta scala di ulteriori, immensi territori fra i più belli e delicati del nostro Paese, per contribuire al raggiungimento, nel breve tempo di soli otto anni, di un incremento di ulteriori 10-12 punti percentuale di rinnovabile nel comparto elettrico, e per il quale non vi è alcun nuovo obbligo internazionale. Un ennesimo lucroso regalo a chi ha già occupato migliaia e migliaia di ettari con piantagioni eoliche o distese di pannelli fotovoltaici e che, anzi, dovrebbe essere tassato in ragione di rendite sproporzionate.
“Dall’altro – proseguono - un contesto economico e finanziario durissimo, pagato ogni giorno da milioni di italiani in difficoltà. Dovrebbero quindi essere tagliati gli sprechi nel settore e dovrebbero essere favorite politiche che permettano maggiori riduzioni dei gas serra e portino anche vantaggi sociali, come il sostegno ai trasporti pubblici (colpiti invece da tagli di risorse) o agli impianti solari e fotovoltaici sui tetti degli stabili condominiali o delle aziende agricole, con indirette integrazioni al reddito delle famiglie, o, ancora, un imprescindibile sostegno ai nostri ricercatori dirottando una più dignitosa frazione del fiume di incentivi all’innovazione tecnologica di tutto il settore delle rinnovabili.
“Invece con questa Strategia energetica – che, al già abnorme importo di 9 miliardi spesi nel 2011 come incentivi alle rinnovabili elettriche, da quest’anno prevede l’aumento di altri 3,5 miliardi, per un totale di ben 12,5 miliardi di euro all’anno protratti per 20 anni - si predispongono pesanti aggravi di spese a danno di famiglie, consumatori e imprese italiane, perseguendo risultati di contenimento delle emissioni più modesti rispetto alle alternative possibili”.

La stessa SEN afferma che, come percentuale sui consumi totali, il calore (riscaldamento e raffrescamento) “rappresenta la quota più importante, pari a circa il 45% del totale, seguito da quello dei trasporti, con poco più del 30% e infine da quelli elettrici.”

Le Associazioni ricordano che la crescita degli obiettivi di riduzione dei gas serra deve essere perseguita con convinzione ma rispettando la capacità produttiva delle stesse rinnovabili, la sostenibilità ambientale e in relazione alle possibilità offerte dal nostro territorio, che rappresenta un bene limitato, prezioso, irrinunciabile.

Nel campo delle rinnovabili elettriche un’ulteriore crescita è ammissibile, moderatamente, attraverso tecnologie come il fotovoltaico, capaci di integrarsi nei tessuti già urbanizzati o occupati da infrastrutture ma privi di significato storico e architettonico, di cui l’Italia purtroppo abbonda con centinaia di migliaia di ettari.

5 novembre 2012

Per le associazioni:
Ufficio stampa LIPU

mercoledì 31 ottobre 2012

Lettera aperta di Elio Lanzillotti ai Presidenti di Legambiente, WWF e Federparchi

Lettera aperta di Elio Lanzillotti

Al Presidente di Legambiente
Al Presidente di Federparchi
Al Presidente del WWF

Egregi Presidenti,

Il giorno giovedì 25 ottobre, alle 12.00, presso il Ministero dell’Ambiente, si è tenuto un sit –in di protesta dei lavoratori dei Parchi e delle Aree protette Italiane. Penso siate a conoscenza del fatto che decine e decine di persone, tra giovani operatori, guide, ricercatori, funzionari, rischiano, a seguito delle ultime norme emanate dal governo, di perdere il proprio posto di lavoro.

Ho partecipato alla manifestazione e, con grande sorpresa, ho notato non solo l’assenza dei Presidenti dei Parchi, ma anche la totale  mancanza delle bandiere e dei simboli di Legambiente- Federparchi e del WWF. Niente cigno verde per Legambiente-Federparchi niente panda per il WWF. Ho pensato che comunque non potesse mancare una qualche forma di rappresentanza di queste importanti organizzazioni., invece niente, non c’era neanche un dirigente. Per fortuna dell’ambientalismo italiano a Roma oltre  alle associazioni di categoria dei lavoratori dei parchi  erano presenti  anche i rappresentanti ed i giovani  di  Italia Nostra e della Lipu.
 Forse con eccessiva malizia, ho pensato che la concomitante inaugurazione del Salone del Gusto a Torino, con l’irresistibile magnetismo dei vari buffet di degustazione vi ha tenuto giustamente impegnati.
Nonostante la vostra  defezione, la manifestazione è riuscita ed una delegazione è stata ricevuta ed ascoltata dal capo gabinetto del ministro. Certo, se qualcuno di voi fosse stato presente, la cosa sarebbe stata più semplice, visto che al Ministero siete di casa e ci andate spessissimo per chiedere contributi e presentare progetti, oltre che per esprimere i vostri dotti e utilissimi pareri. Sarebbe stato più semplice, visto anche il consolidato rapporto di confidenza e fiducia che intercorre tra voi e i direttori generali e tra voi ed il Ministro Clini. (già direttore generale….)
Tornato a casa ho verificato come  la vostra assenza non fosse assolutamente casuale, ma che Legambiente- Federparchi ed il  WWF non avevano proprio aderito alla manifestazione di protesta.

Ritengo a questo punto doverose alcune brevi considerazioni e qualche quesito:


·        Negli ultimi anni, le vostre associazioni sono diventate ricche, e anche abbastanza potenti, conseguendo enorme consenso con  la “Green  Economy”, un nuovo modo di fare economia, un modello di sviluppo sostenibile basato sulla tutela ambientale, sulla competenza scientifica degli operatori, sulla capacità e qualità  dei portatori d’interesse e dei prodotti. Potete chiedere cortesemente al Direttore di Symbola, sig. Fabio Renzi,  se i parchi e le aree protette sono parte fondamentale della “Green Economy”? Chiedete anche se è vero che gli operatori ed i lavoratori dei parchi rappresentano un grande esempio della qualità italiana nel mondo. Se Renzi dovesse rispondere affermativamente, vi renderete conto che la vostra presenza sarebbe stata d’obbligo.
·        Come mai, quando si tratta delle nomine dei Presidenti dei Parchi e di alcuni Direttori (spesso gente che contemporaneamente è vostro dirigente), vi complimentate con altisonanti comunicati e invece tacete quando scendono in piazza i lavoratori dei Parchi?
·        Come mai protestate vivamente se il governo propone l’eliminazione dell’indennità di Presidenza nei Parchi e invece tacete quando scendono in piazza i lavoratori che sicuramente non hanno redditi paragonabili a quelli di molti presidenti di Parchi Nazionali e di qualche “famoso” direttore?

·        Come mai, quando il governo decide di ridurre gli incentivi alle rinnovabili, andate a protestare con tutte le vostre forze davanti al ministero dell’Economia (ricordo che WWF e Legambiente organizzarono un pranzo su di un pannello solare)  e fate  scendere  in campo i vostri dirigenti parlamentari (Realacci, Ferrante e Della Seta)  per la tutela dei posti di lavoro degli operatori delle rinnovabili e invece non vi muovete per la gente dei Parchi?  


La cosa per me più incomprensibile, ma anche la più avvilente,  è sapere che ogni giorno le associazioni da voi rappresentate  usufruiscono del lavoro del personale e dei lavoratori dei Parchi e delle Aree protette per la realizzazione dei progetti che lautamente e costantemente  vi  finanziano il Ministero, gli enti pubblici e privati (parchi compresi), la Comunità Europea. Come fate ad abbandonare queste persone  quando hanno bisogno del vostro aiuto, nel momento in cui rischiano di perdere il proprio qualificato posto di lavoro.

Nel passato, sono stato con orgoglio Presidente di Circolo e consigliere nazionale di Legambiente, Vicepresidente di Federparchi. Sono stato anche premiato dal WWF per la mia attività in campo ambientale. Non avrei mai pensato che le stesse cose che ieri consideravo motivo di orgoglio,  potessero diventare quel piccolo senso di vergogna che provo oggi.

Non credo sia necessario aggiungere altro. Potreste, forse, ancora recuperare, chiedendo scusa alla gente dei Parchi, ma conoscendo la vostra spropositata auto-referenzialità, credo sarà difficile.

Un’ondata di rinnovamento sta interessando il nostro Paese. Io credo che anche le vostre associazioni debbano rinnovarsi, tornando ad essere a misura d’uomo e non di multinazionale confindustriale. Se non lo farete, rischiate anche voi l’estinzione. Sarebbe un grosso danno per quello di buono che avete fatto nel passato e per quanto ancora potreste fare nel futuro.                                                                                                                

                                                          
Elio Lanzillotti


mercoledì 24 ottobre 2012

Abbattuto a fucilate Pilar, biancone con satellitare

di Matteo Visceglia

Pilar, uno dei giovani bianconi (Circaetus gallicus) lucani nato lo scorso 2011 e protagonista di un ambizioso progetto di monitoraggio con telemetria satellitare, è stato barbaramente ucciso da bracconieri a metà settembre sullo stretto di Messina,  in località Alì Terme. E' l'ennesima prova, quasi una quotidiana ostentazione della stupidità umana, di quanto deleterio e spregevole sia il bracconaggio "made in Italy",  praticato in modo spesso impunito in tante parti d'Italia e d'Europa. Pochi giorni fa in Toscana anche due rari Ibis eremita, anch'essi facenti parte di un importante progetto europeo finalizzato alla conservazione della specie, sono stati abbattuti da colpi di arma da fuoco in Toscana.

Già nel 2010 il Parco Regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane, in collaborazione con l’Università spagnola di Alicante, avviò un progetto di ricerca sul Biancone  aquila migratrice molto rara che nidifica nel territorio del Parco e sverna principalmente in Africa tropicale, a Sud del Sahara. Nell’ambito di questo progetto, per la prima volta in Italia, in due anni sono stati marcati 5 giovani esemplari mediante l’applicazione di piccole trasmittenti satellitari.
L’utilizzo di questa moderna tecnologia ha permesso di seguire in diretta gli spostamenti di questi rapaci nella migrazione tra Europa e Africa, fornendo utilissime informazioni sull’ecologia e le strategie migratorie adottate, necessarie per l’individuazione di misure per la conservazione della specie.  Moltissimi appassionati e diversi ricercatori interessati allo studio della migrazione a circuito del Biancone, sono rimasti assai sorpresi quando sul monitor del computer non hanno potuto più seguire gli spostamenti di Pilar tra la Basilicata e la Sicilia dove aveva trascorso il suo primo anno di vita.
Pilar era stato marcato nel suo nido, nel luglio 2011, poco prima dell’involo e nel suo primo anno di vita aveva volato per migliaia di chilometri in diverse località dell’Italia centro-meridionale trascorrendo l’inverno e la primavera in un’area della Sicilia centrale.

Sullo Stretto di Messina anche se la barbara "tradizione" di uccidere i migratori primaverili sembra  essere diminuita grazie agli enormi sforzi di vigilanza di Associazioni ambientaliste e alle azioni di repressione da parte delle forze di polizia, sono purtroppo ancora frequenti gli episodi di bracconaggio. Ciò è dovuto al fatto che le norme penali italiane sono inadeguate rispetto alla gravità del fenomeno del bracconaggio dove ad esempio, l’uccisione di una specie protetta, come il Biancone, rappresenta un reato “contravvenzionale” punito molto spesso con una multa e soprattutto, agli scarsi controlli attuati sull’attività venatoria in molte aree del nostro Paese, che risultano particolarmente carenti nelle regioni meridionali.

D’altra parte gli abbattimenti illegali di cui si viene a conoscenza, come quello del Biancone Pilar, sono solo una piccola minoranza e testimoniano gli enormi rischi che corrono in quell’area i rapaci migratori e non. Va ricordato che il numero complessivo degli animali abbattuti ogni anno dai bracconieri rimane ancora un’incognita a cui oggi le autorità competenti non sono in grado di dare un valore quantitativo. 

Il Presidente del Parco Luigi Lombardi nel commentare questo episodio ha così dichiarato:
"Ancora una volta questi vergognosi gesti di bracconaggio compromettono le diverse azioni positive messe in atto dagli enti gestori di aree protette, a cui spetta in primis il compito di attuare studi e programmi per garantire la tutela e la salvaguardia della Natura.  Gli sforzi di conservazione compiuti nelle aree di nidificazione (come nel caso di Pilar, nato in Basilicata nel Parco Regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane), subiscono ancora una volta un danno irreparabile a causa di atti delinquenziali compiuti da “uomini” che non hanno alcun rispetto del patrimonio naturale e delle normative.
In questo caso infatti, la spregevole azione dei bracconieri, oltre ad aver colpito una specie particolarmente protetta, ha vanificato tutti gli sforzi di ricerca, anche economici, attuati dopo anni di programmazione a livello internazionale per migliorare le conoscenze sui comportamenti migratori di quest'aquila mediterranea.
Fenomeni di tale gravità sottolineano l’importanza e l'urgenza di rendere più severe le norme nazionali di tutela della fauna e di affiancarvi operazioni concrete e costanti di vigilanza del territorio  da parte dei Corpi di Polizia preposti, al fine di contrastare fortemente questi atti di illegalità consolidata, compiuti altresì in epoca di pre-apertura dell’attività venatoria".



Gli spostamenti di Pilar nel suo primo anno

venerdì 19 ottobre 2012

Conto alla rovescia per la paralisi dei Parchi Nazionali

 
Il 25 ottobre 2012  sit-in a Roma al Ministero dell'Ambiente!

Il popolo dei Parchi non ci sta e chiede un vero sistema delle aree protette
Il popolo dei parchi scende nuovamente in piazza il 25 ottobre 2012, dalle ore 11.00,  dopo due anni, per manifestare contro l’ennesimo taglio alle spese dei parchi nazionali. Il decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (cosiddetta "spending review"), convertito in legge il 31 luglio scorso, riporta le disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica. La razionalizzazione della spesa, perseguita con l’obiettivo, del tutto condivisibile, di garantire l’efficienza e l’economicità dell’organizzazione degli enti e apparati, incide, però, pesantemente sui parchi nazionali, già oggetto di tagli e restrizioni negli ultimi anni, portando al collasso i piccoli enti deputati alla gestione.
La legge prevede che, testuale: le … riduzioni del personale possono essere effettuate selettivamente, anche tenendo conto delle specificità delle singole amministrazioni, in misura inferiore alle percentuali ivi previste a condizione che la differenza sia recuperata operando una maggiore riduzione delle rispettive dotazioni organiche di altra amministrazione.
Ma i Ministeri vigilanti si ostinano a non volere riconoscere la specificità dei Parchi nazionali, enti piccoli, di nuova generazione, che svolgono funzioni altamente specialistiche e tutelano gli ultimi gioielli del Bel Paese!

L’applicazione della speding review, comporterà l’eliminazione di oltre 60 posti dagli Enti Parco, che prevedono per 23 parchi nazionali operanti, circa 780 dipendenti. La soppressione dei posti sarà adottata con DPCM entro il 31 ottobre (!) e rischieranno il licenziamento persone in servizio, in altre parole esperti e appassionati funzionari che da anni stanno difendendo il patrimonio naturale di tutto il Paese e della comunità internazionale. Una riduzione di organico che rispetto all'attuale situazione già deficitaria a causa dei tagli e restrizioni precedenti, vorrebbe dire vanificare gli obiettivi e le finalità per i quali l'area stessa è stata istituita.
Questi provvedimenti rappresentano una grave regressione per il sistema dei Parchi. Meglio che si abbia il coraggio di dire che è in corso un processo di smantellamento del sistema dei Parchi!  A questo le associazioni dicono NO e lanciano quindi una sfida al Ministro Clini, al Governo e al Parlamento.
Dal 2005, siamo giunti al 37% effettivo di taglio delle spese del personale. Ciò è inaccettabile, e provocherà di fatto, sommato alle altre restrizioni, la paralisi dei parchi nazionali italiani, con ciò che conseguirà in termini di tutela della biodiversità, difesa del paesaggio e dei beni culturali, attivazione di politiche di valorizzazione delle qualità per il rilancio di economie basate proprio sull’azione di tutela.
Ma non sono questi i temi vincenti per il rilancio dell’economia nazionale?
Agli effetti nefasti per il mancato raggiungimento degli obiettivi della legge quadro n. 394/91, si aggiunge il dramma umano e sociale, ulteriormente aggravato dal fatto che tale dramma non porterà risparmi ma, anzi, nuove spese per il Paese.
Se il Governo, in cui il Ministro dell’Ambiente rappresenta il sistema delle aree protette, si attiverà concretamente con strategie pluriennali, le aree protette sapranno dimostrare in maniera più efficace l’enorme beneficio in termini di conservazione e di sviluppo socio economico sostenibile.

 Sarebbe un’occasione perduta, proprio adesso che si fa una gran parlare di uscire dalla crisi con la valorizzazione dei beni ambientali e culturali!

Tutte le Aree Protette Nazionali, pari a circa il 5% del territorio nazionale, costano oggi poco più di  60 milioni di euro, comprese le spese per il personale, appena un caffè all'anno per ogni italiano,. Ma per il Governo, evidentemente, l'ambiente, la biodiversità e lo sviluppo sostenibile, temi strategici a livello mondiale, non valgono neppure questo caffè!

Per il 25 OTTOBRE le associazioni che rappresentano il mondo dei parchi (direttori, dipendenti, guide, guardia parco, educatori ambientali) e quelle ambientaliste e culturali, hanno organizzato un sit-in al Ministero dell'Ambiente, per dire NO a un taglio irrazionale e indegno di un paese civile, con licenziamento di professionisti della tutela, una grave violazione di diritti costituzionali, comunitari  e internazionali. In quella occasione una delegazione chiederà di incontrare il Ministro.

VOGLIAMO UNA RISPOSTA: VENGA PERMESSO AI PARCHI DI LAVORARE PER QUELLO PER CUI SONO STATI ISTITUITI, ALTRIMENTI TERMINIAMO QUI UN’ESPERIENZA CHE E’ STATA RICONOSCIUTA ASSAI POSITIVA DA TUTTI, IN OCCASIONE DEI VENT’ANNI DELLA LEGGE 394/91  COMPIUTI L’ANNO SCORSO.
Lo stesso presidente della repubblica nel 2010, in risposta ad un appello dei presidenti dei Parchi Nazionali in occasione del taglio del 50% dei finanziamenti, rispose,: Non posso che ribadire l'auspicio di un’attenta valutazione della posta in gioco rispetto al destino dei Parchi Nazionali, e di una conseguente attenzione da parte delle Istituzioni competenti.

Chiediamo dunque che Ministro, e per suo tramite Governo e Parlamento si impegnino per il raggiungimento dei seguenti obiettivi immediati:

·Impedire la paralisi dei 23 parchi nazionali che deriverebbe dall’applicazione lineare al sistema dei dettami della spending review, con conseguenze anche sociali gravissime, riconoscendo la specificità dei Parchi nazionali e compensandone integralmente il taglio; 
·L’istituzione urgente di una Commissione presso il Ministero dell’Ambiente che stabilisca le effettive necessità per il funzionamento dei parchi nazionali, compresa la definizione delle consistenze adeguate delle dotazioni organiche, in funzione delle specificità e complessità dei singoli territori di competenza, con personale idoneo a perseguire gli obiettivi di legge dei parchi nazionali.
·La definizione di una strategia nazionale per le Aree Protette, a seguito di un confronto con tutti gli attori, anche tramite un’apposita conferenza nazionale per le aree protette (richiesta inutilmente da tempo), al fine di attivare finalmente un vero sistema nazionale, come previsto dalla Legge quadro sulle aree protette,

Sono invitati a partecipare tutti i cittadini, per la difesa dell'Ambiente e dei Parchi.

Appuntamento alle ore 11.00 di giovedì 25 ottobre in Viale Cristoforo Colombo 44, di fronte al Ministero dell’Ambiente.

martedì 9 ottobre 2012

Grifoni in Basilicata

Ieri mi è stato segnalato da amici un nuovo avvistamento di 6 GRIFONI in Basilicata, nella Valle dell'Agri,
L'avvistamento risale all'ultima decade di settembre scorso e riferisce di esemplari  posati su un pendio roccioso presso la montagna di Viggiano (Pz).
E' probabile che possa trattarsi degli stessi esemplari che frequentano regolarmente la valle da oltre un anno e che hanno tentato una nidificazione,  purtroppo fallita.
Nella foto sembra appena visibile un anello colorato alla zampa dell'individuo sulla sinistra.

Matteo Visceglia





lunedì 24 settembre 2012

Eccezionale annata il 2012 per gli involi di aquile reali nel Lazio!

Aquila reale giovane
Delle dieci coppie di aquile presenti, sette si sono riprodotte con successo portando all'involo nove giovani aquile. Due coppie (Monte Terminillo-zona est e Monti della Laga) hanno involato due aquilotti. Si tratta di un anno record che fa quasi pari con l'anno passato, il 2011, quando gli aquilotti involati furono otto; anche l'anno scorso si sono avuti due doppi involi, quella volta nell'areale meridionale della regione (Monti Lepini e Monti della Meta). Produttività quindi elevata, abbondantemente sopra gli standard dell'Appennino, e presenza insolita di doppi involi che in questo areale sono davvero rari. I motivi che possono aver portato a questo successo riproduttivo sono riconducibili a coincidenze di fattori positivi che hanno interessato le coppie laziali quali una buona disponibilità delle principali prede per l'aquila reale (per esempio la lepre), l'assenza di disturbo e l'assenza di condizioni metereologiche estreme nei momenti critici del ciclo riproduttivo. Le lepri, come tutti i lagomorfi, sono soggette a fluttuazioni cicliche negli anni e non è da escludere che nell'Appennino centrale, visti i buoni risultati delle altre coppie di aquile reali presenti, sia in atto un loro ciclo ottimale. Continua dunque il trend positivo di questo magnifico rapace nell'Italia centrale. Nelle prossime stagioni riproduttive c'è da aspettarsi qualche altra ricolonizzazione di siti storici ancora oggi deserti. L'unica vera minaccia incombente sulla specie rimane la modificazione degli habitat naturali di presenza, attraverso la costruzione di grandi infrastrutture civili e industraili quali strade, impianti eolici, ecc.

Fabio Borlenghi 


Aquila reale adulto

domenica 23 settembre 2012

Grifone sull'Appennino umbro marchigiano

Domenica 23 settembre 2012 alle ore 15.02 Jacopo Angelini ha osservato un individuo di Grifone (Gyps fulvus) mentre volteggiava sopra la sella tra il monte Acuto e il monte Catria nell'appennino umbro  marchigiano in provincia di Pesaro e Urbino.
Le osservazioni della specie sono più  frequenti nel sud delle Marche nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, dove da maggio a settembre si osservano con cadenza regolare fino a 15 individui insieme intenti ad alimentarsi di carcasse di bestiame domestico nelle praterie primarie e secondarie del parco nazionale.
Anche nel Parco Gola della Rossa e di Frasassi almeno 3 volte negli ultimi 4 anni sono stati osservati individui di Grifone.


Foto: Jacopo Angelini
 

sabato 22 settembre 2012

Comunicato stampa LIPU: liberato Capovaccaio nella gravina di Laterza

SPECIE A RISCHIO ESTINZIONE:
LIBERATO UN CAPOVACCAIO
NELL’OASI LIPU GRAVINA DI LATERZA
L’animale, proveniente dal Cerm di Grosseto, è partito verso l’Africa
 per la sua prima migrazione

Si è ambientato per quattro giorni nella cavità di una parete rocciosa. Poi il primo volo e, a distanza di pochi giorni, la migrazione verso l’Africa. Si è chiusa con successo, nelle scorse settimane, presso l’Oasi LIPU Gravina di Laterza, in provincia di Taranto, l’operazione Capovaccaio, che ha visto il rilascio di un giovane esemplare – grazie alla tecnica dell’”Hacking” - al fine di rafforzare la popolazione italiana di questa specie, una delle più minacciate di estinzione in Italia, dove è ormai ridotta a poche coppie nidificanti.

L’operazione - effettuata dalla LIPU in collaborazione con la Regione Puglia, ufficio Parchi e tutela della biodiversità, la Provincia di Taranto e del Cerm (Centro rapaci minacciati) – è partita il 19 maggio scorso, quando Augusto (questo il nome del capovaccaio) venne alla luce nel Centro di riproduzione (Cerm) di Rocchette di Fazio, in provincia di Grosseto.
Giunto all’età di quasi tre mesi all’oasi di Laterza dalla Toscana, il capovaccaio è stato ospitato per qualche giorno in una cavità ricavata in una delle pareti scoscese che caratterizzano lo spettacolare canyon della Gravina di Laterza, uno spazio preparato con cura dal personale LIPU con il Gruppo speleologico di Martina Franca (Taranto). 


Poi l’emozionante momento del primo volo: il rapace ha preso confidenza con l’ambiente naturale della gravina e per 10 giorni è stato seguito dal personale dell’oasi grazie a una micro radio trasmittente Vhf a corto raggio posizionata sulla penna timoniere centrale (coda), utile per seguire i primi spostamenti del capovaccaio nel raggio di 10 chilometri. Infine la partenza per l’Africa, dove l’avvoltoio trascorrerà l’inverno e da dove, nei prossimi anni, si spera riparta per tornare in Italia a nidificare, rafforzando così, in prospettiva, l’esigua popolazione italiana.

Siamo molto soddisfatti dell’esito positivo di questa delicata operazione – dichiara Fulvio Mamone Capria, presidente LIPU-BirdLife ItaliaL’intenzione è quella di proseguire su questa strada per poter dare una chance di sopravvivenza a questa specie, che si trova in imminente rischio di estinzione”.

Il capovaccaio Augusto è il decimo esemplare, nato in cattività al Cerm, liberato con la tecnica dell’Hacking all’Oasi LIPU Gravina di Laterza, oasi che l’Associazione co-gestisce con la Provincia di Taranto e il Comune di Laterza: il primo fu Laerte, nel 2004, seguito, tra gli altri, da Arianna (2006) e Arturo (2007), questi ultimi equipaggiati con trasmettitori satellitari e seguiti a lungo, grazie al Gps, fino in Africa. Operazioni entrate a far parte del piano di azione nazionale per la conservazione del capovaccaio redatto dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale).
Grazie ai dati ottenuti dai trasmettitori satellitari sono state scoperte le aree di svernamento della popolazione italiana di capovaccaio nel Mali e in Niger.

Ringraziamo l’ufficio parchi e tutela della biodiversità della Regione Puglia e la Provincia di Taranto per aver inserito questa attività nel progetto Grastepp – conclude il presidente LIPU – e aver reso dunque possibile questa importante e preziosa liberazione di Augusto”.

 Parma, 21 settembre 2012

domenica 16 settembre 2012

Pale eoliche, quanti miliardi al vento

Articolo di Antonello Caporale
pubblicato su IL FATTO QUOTIDIANO del 16 settembre 2012




Candela è un paesino che lega la Campania alla Puglia. I viaggiatori diretti a Bari lo incontrano alla sommità dell’Appennino, finita la salita dell’Irpinia d’Oriente. Spalanca gli occhi alla Daunia, li dirige sugli ettari di grano del Tavoliere, verso Foggia. A Candela nessuno pensava fino a vent’anni fa che il vento si potesse anche vendere. Il vento qui ha sempre fatto solo il suo mestiere: soffiare. Soffia quasi sempre, anche duemila ore all’anno. Contano le ore coloro che fanno quattrini col vento. Con un anemometro, un’asta lunga, una specie di ago d’acciaio diretto al cielo, si può conoscere se è buono o cattivo, forte o debole. Se soffia come si deve o se fa i capricci. Se è utile a far fare quattrini, dunque.
Arrivarono le aste e con loro particolari personaggi che organizzavano il mercato del vento. Sviluppatori si chiamavano. Sviluppavano il territorio, certo. Gli agricoltori di Candela ne furono lieti, anche il sindaco e tutta l’amministrazione comunale. C’era la possibilità di ottenere qualche migliaio di euro dalla società che avrebbe innalzato le pale eoliche. E soldi per fare una bella festa patronale per esempio e far venire (altrove era già successo) i cantanti di X Factor finalmente! E anche sostenere la squadra di calcio: divise nuove per tutti!
Pure belle sono le pale. Se le vedi da lontano sembrano rosoni d’acciaio o margherite giganti, dipende dai tuoi occhi, da dove le miri. Fanno la loro figura comunque. Ognuno degli abitanti del vento ha una sua immagine da offrire al pubblico dibattito. A un sindaco del Tarantino, per esempio, parevano simili a mulini a vento: “Abbiamo già il mare e avremo i mulini, delle possibili attrazioni per il nostro territorio sempre danneggiato, vilipeso dal nord”.
Le pale eoliche messe una accanto all’altra formano, come ha sempre spiegato Legambiente, un parco eolico. La parola parco dice tutto: significa ambiente tutelato, prati verdi, cielo azzurro, aria pulita. Finalmente il sud non avrebbe insozzato l’aria, anzi l’avrebbe trattenuta e gestita nel miglior modo possibile. Così a Rocchetta Sant’Antonio iniziarono a mettere le pale che pian piano giunsero fino a Candela, poi si volsero verso Monteverde e Lacedonia, paesi limitrofi. Puntarono in direzione di Foggia, cinsero Sant’Agata di Puglia come un pugno stringe una rosa, s’incamminarono verso Lesina, verso il mare dell’Adriatico.
Pale, pale, pale. Un alluvione di pale che ha conquistato tutto il sud. Loro in cima alle montagne, i pannelli fotovoltaici in terra. Creste d’acciaio in aria, e in basso silicio al posto degli ulivi, come in Salento, silicio invece degli agrumi, come in Calabria. Silicio e non pomodori, o vitigni, o alberi. Silicio in nome dell’energia sostenibile, del Protocollo di Kyoto, delle attività ecocompatibili. In nome del futuro dell’uomo. Conviene dunque partire da qui, dall’Irpinia d’Oriente, epicentro del vento, per illustrare il più straordinario, galattico affare di questo inizio secolo. Per domandare come sia stato possibile costruire una fabbrica di quattrini per pochi intimi, un giro d’affari che nel 2020 toccherà punte multimiliardarie, deviando nelle casse pubbliche qualche spicciolo. L’equivalente di un’elemosina. Come sia potuto accadere che un tesoro collettivo inesauribile è stato ceduto ai privati. Che non una pala, una!, sia veramente e totalmente pubblica. Per volere di chi, grazie a complicità di quali menti, di quali mani, di quali occhi? E in ragione di quale bene comune il bilancio statale ha immaginato di destinare, per sostenere il ciclo vitale dello sviluppo delle rinnovabili, un monte di soldi che, in una puntuale, analitica interrogazione parlamentare al ministro dello Sviluppo economico e a quello dell’Ambiente, la radicale Elisabetta Zamparutti, unica curiosa tra le centinaia di colleghi silenti, stima in circa 230 miliardi di euro. Solo quest’anno, nel tempo feroce della spending review che taglia ospedali e trasporti, trasforma in invisibili gli operai, taglia commesse e finanziamenti e con loro cancella la vita precaria dei precari, si dovranno accantonare altri dieci miliardi di euro da investire nello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, le cosiddette Fer. Dieci miliardi! Uno sforzo titanico a cui gli italiani sono chiamati a partecipare versando l’obolo in rate bimestrali attraverso un sovrappiù della bolletta elettrica. Si chiamano incentivi. Erano i famigerati certificati verdi sterilizzati da nuove norme, le cosiddette “aste”. E non ha importanza che la soglia di rinnovabile elettrica sia stata raggiunta impetuosamente con otto anni di anticipo.
ORIZZONTE D’ACCIAIO
Candela accoglie i viaggiatori nel grande piazzale di una stazione di rifornimento di carburante. Il vento spazza l’asfalto. La sosta è obbligata per i bus che collegano l’est con l’ovest del Mezzogiorno. Arrivano le corriere da Napoli. Chi vuole andare a Foggia non conta infatti sul treno, sarebbe una via crucis. Perciò il bus. Il viaggiatore può attenderlo nel bar di antico sapore bulgaro. Una stradina lo costeggia e ci conduce verso Rocchetta Sant’Antonio, sulla linea di confine pugliese. Superata la prima curva, l’orizzonte si fa d’acciaio. Una foresta di tubi e di pale, l’una dietro l’altra a recinto dei crinali delle montagne. L’orizzonte è tagliato dalle eliche, sembra che la terra possa decollare e tutti noi puntare da un momento all’altro verso il paradiso. “I contadini hanno fittato agli imprenditori del vento e si sono rifugiati altrove – dice Enzo Cripezzi, presidente della Lipu Puglia e uno dei maggiori indagatori del fenomeno eolico – Hanno messo in tasca i pochi quattrini, una somma comunque incomparabile rispetto al reddito miserabile dell’agricoltura, e hanno scelto l’abbandono. Sono fuggiti col tesoretto, felici finalmente”. Verso Rocchetta troviamo a far compagnia alle torri una poiana, rapace autoctono, che tenta di fare spuntino con una lucertola e poi compare più in là un biancone. Sono uccelli migratori, profondi conoscitori delle correnti del vento. Vivono grazie ai vortici depressionari che d’estate li conducono in Italia, in Spagna, nei territori caldi dell’Europa e l’inverno li riportano in Africa dove attendono il nuovo viaggio. Il biancone, della larga famiglia delle aquile, conosce così bene le correnti da superarle aggirando il Mediterraneo, prendendolo ai fianchi: costa ligure, costa azzurra, costa brava, stretto di Gibilterra, infine Marocco. Fanno fatica a superare l’acqua e questi uccelli migratori sono simili – in quanto a viaggi della speranza – agli uomini migranti. Gli umani muoiono sui barconi, gli animali in aria se il loro corpo non resiste alla fatica che la natura impone. Fino a ieri il pericolo era il canale di Sicilia, superato il quale veleggiavano verso la salvezza. Adesso no, le eliche li confondonoeliannientano.Inibbireali,lecicognenere, specie protetta e rara, possono incappare nelle turbine, ferirsi e morire. Così i falchi, le poiane, e ogni uccello che tenti di attraversare l’Appennino. Effetti collaterali minori, si dirà. E qual è l’effetto visivo, l’impatto ambientale, la forza prepotente e magica di questi spuntoni di roccia che affiorano sui pendii descritti da Gabriele Salvatores nel film Io non ho paura?. “La natura non aveva preventivato le pale eoliche – dice Cripezzi – Guardare oggi questo panorama e compararlo con quello di ieri fa venire un’enorme tristezza, un dolore profondo e rabbia”. La stradina si confonde al vecchio tratturo e punta su Monteverde. Il paese che guarda le pale. 850 abitanti, solo un anziano sulla panchina: “A me fanno venire le vertigini. Allora piglio una pasticca e tutto passa”.
DECIDONO LE REGIONI
Non si può dire no al petrolio e affossare l’eolico e il fotovoltaico, certo. Ma si poteva, anzi si doveva gestire il territorio, dividerlo per caratura paesaggistica, garantire alle pale un luogo e al paesaggio la sua identità. Scegliere dove metterle, e come. Preservare il possibile e il giusto. Invece? Invece la legge nazionale delega alle regioni. Lo sviluppo dell’energia è questione loro. E il paesaggio tutelato dalla Costituzione? Problema locale. Le Regioni anziché fare un piano regolatore dei venti e delle pale e promuovere partecipazioni pubbliche allo sviluppo dell’energia pulita, rendendo bene comune, esattamente come l’acqua, il vento e il sole, privatizzano progetti e attuatori. Tutto demandato agli uffici del Via, microscopici controllori della legalità e del paesaggio che col tempo fungono da predellino delle lobbies.“L’Europa ci vieta, per le norme sulla concorrenza, di prendere parte all’impresa”. Un leit motiv non soltanto falso, ma irriconoscente della realtà: non era vero, né poteva esserlo. Ma era comodo dirlo. Pensate che la signora Renata Polverini, presidente della Regione Lazio, nel primo semestre di quest’anno ha prodotto circa 230 nomine tra consulenti e consiglieri di amministrazione nelle più diverse e bizzarre diversificazioni merceologiche dell’intervento pubblico. Manca solo l’azienda regionale per la promozione del cioccolato bianco. Tutto si può e tutto si fa, ma l’energia non è un bene pubblico, e lo sfruttamento delle risorse naturali non è questione collettiva. Ricordiamo le parole di sintesi – a proposito della discussione sulla misura degli incentivi da dare ai privati – di Gianfranco Micciché, viceministro al tempo del governo Berlusconi, noto a tutti per le sue battaglie ambientaliste: “Chi tocca il fotovoltaico si propone di far cadere il governo”. E così i raggi del sole si sono trasformati in infiltrazioni private sulla terra. Affari della Sanyo, come a Torre Santa Susanna, in provincia di Brindisi. Decine di ettari di terreno confiscati all’agricoltura sui quali sono stati riposti 33mila moduli solari per farne l’impianto tra i più grandi d’Europa. Finanziamento tedesco e tecnologia giapponese. “Vorrei esprimere le nostre sincere congratulazioni per il completamento di questo progetto e ringraziare Deutsche Bank per averci dato fiducia nella scelta dei nostri moduli solari”, commentò Misturu Homma, executive vice President di Sanyo. Giusto. Il sole è italiano, ma non conta, non vale. Non si vende. Si regala. Come pure i terreni. Pochi quattrini e affare fatto. Oggi il ministro dell’Agricoltura, l’unico sensibile al consumo del suolo, propone una moratoria uno stop al consumo del suolo. Il governo ha appena licenziato il disegno di legge. Catania non è stato certo aiutato dal collega dell’Ambiente, il prode Clini. Clini non sa o non ricorda che in Italia esistono circa 13 milioni di abitazioni costruite dopo il 1970, quindi senza particolare tutele. Sui tetti i pannelli e gli ulivi per terra: era più naturale e forse possibile? Possibile senz’altro ma troppo dispendioso per i privati: molto più facile tombare di silicio centinaia di ettari di terreno. Molto più veloce e produttivo.
Sono stati cementificati 750mila ettari di territorio solo nell’ultimo decennio. Una parte poteva essere destinata ad ospitare i pannelli? Macché, troppo complicato. Via col vento e col sole dunque. E via con le imprese.
Il Mezzogiorno è stato spartito in spicchi d’influenza.Ad alcune aziende monopoliste sono stati affidati i lucchetti: la Fortore Energia ha cinto la Puglia, l’Ipvc la Campania, Moncada la Sicilia. In Calabria molte srl, alcune delle quali facenti capo indirettamente alle famiglie più importanti della ‘ndrangheta. La Piana lametina e il Crotonese sono stati assoggettati all’illegalità più clamorosa, plateale. Non c’è pala messa che non sia stata accompagnata da un’inchiesta giudiziaria. Truffa, corruzione, falso. Il trittico dei reati tipici, la serializzazione dell’attività giudiziaria. Energia pulita per mani sporche. Non tutte sporche, naturalmente. E non tutti imprenditori affaristi, naturalmente. Ma di certo tutti hanno goduto di una deregulation mai vista, incredibile solo a pensarci.
Edison, Sorgenia, Green Power, Sanyo e poi olandesi, spagnoli, cinesi. Tutti nel business. Solo privati però, sempre privati. Lo Stato non ha partecipato in nessuna forma, e gli enti locali neanche per sogno hanno accompagnato lo sviluppo eolico con una loro presenza, magari anche minoritaria, nelle società di produzione. In Puglia la fabbrica ideologica di Nichi Vendola, secondo cui l’energia, per il solo fatto di essere rinnovabile e pulita fosse obbligatoriamente da catalogarsi a sinistra, ha permesso a essa di straripare. A nord della regione le pale, a sud i pannelli. Nichi ha chiuso la stalla quando i buoi erano già tutti scappati. La Campania è stata comprata come detto dal signor Vigorito, capo dell’Ipvc, pioniere del vento. Acclamato presidente dell’Anev, l’associazione degli industriali del vento. Associazione “ambientalista” secondo i protocolli in uso per i tavoli del ministero dell’Ambiente. Una benemerita. Nel 2005 Legambiente e Anev hanno sottoscritto un protocollo d’intesa con lo scopo di promuovere l’eolico in Italia.“Insieme organizzano e collaborano”, scrive il sito ufficiale degli imprenditori. Purtroppo nel 2009 il presidente dell’Anev, questa titolata associazione ambientalista, viene arrestato. La Guardia di Finanza sequestra sette “parchi” eolici in diverse regioni e accusa Vigorito…
Era ieri. Torniamo all’oggi. Al 2011 sono state installate 5500 torri eoliche per quasi settemila megawatt di potenza installata. Altrettante sono in arrivo. Tutte concesse a tempo di record. E chi vorrà dedicarsi alla coltivazione del mini eolico (torri alte anche cento metri fino a 1 megawatt) non dovrà neanche attendere la firma: basta la dichiarazione di inizio attività. Sarà zeppo di acciaio anche ciò che ora è libero da impianti. Anche le vostre montagne e i vostri occhi dovranno abituarsi. Serve energia pulita. E che nessuno fiati.

di Antonello Caporale
da Il Fatto Quotidiano del 16 settembre 2012