di Giovanni Guadagna
Il racket alimentato dagli spettacoli di falconeria pagati dagli enti locali. Il parere dell'esperto e l'attività del Corpo Forestale dello Stato.
GEAPRESS – Nonostante i recenti successi del Corpo Forestale dello Stato, che agisce su delega della Procura della Repubblica di Caltanissetta (vedi articolo GeaPress) e dei campi di sorveglianza organizzati dalle associazioni protezioniste (vedi articolo GeaPress), un’altro nido di Aquila del Bonelli è stato depredato nei giorni scorsi in Sicilia. Secondo indiscrezioni pervenute a GeaPress sul caso starebbe indagando proprio il Corpo Forestale dello Stato che continua la sua attività in Sicilia grazie alla delega alle indagini della Procura nissena. Oggi, probabilmente, saranno formalizzate le prime denunce.
Bocche cucite sul luogo del furto dei due pulcini di aquila ma è quasi certo che trattasi della provincia di Caltanissetta. Dal nido sarebbero stati prelevati i piccoli, che verosimilmente saranno inviati, con documentazione Cites di copertura, fuori dalla Sicilia per essere riciclati, come dimostrato nella precedente operazione del Corpo Forestale dello Stato (vedi articolo GeaPress). Gli animali, prelevati da bracconieri siciliani legati al mondo della falconeria, giungono, tramite allevatori compiacenti del nord Italia, in strutture centro europee. Da qui, con certificazione di copertura di origine spagnola e belga vengono inviati a falconieri anche italiani. La destinazione di questi rapaci è sconfortante. Si tratta in genere, sempre secondo la Forestale, di spettacoli di falconeria acquistati dalle pubbliche amministrazioni per feste di stampo medioevale.
Del nuovo furto dell’Aquila del Bonelli, GeaPress ne ha avuto conferma, stamani, dal Responsabile della Sezione Investigativa Cites del Corpo Forestale dello Stato, dott. Marco Fiori. Secondo il dott. Fiori “appare evidente la percezione di inattaccabilità che favorisce l’attività dei bracconieri. Gente - secondo il Responsabile della Sezione Investigativa – che procura un danno gravissimo alle popolazioni di rapaci, specie quelle siciliane e calabresi particolarmente soggette all’azione di depredazione dei bracconieri“.
Già nei giorni scorsi si era saputo, inoltre, di almeno un nido di Falco Lanario depredato nella Sicilia orientale.
Secondo il prof. Bruno Massa, ornitologo di fama internazionale e docente presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Palermo, si tratta di una notizia molto grave, sia per l’Aquila del Bonelli che per il Lanario.
“Per il Lanario – ha dichiarato a GeaPress il prof. Massa – la maggior parte della popolazione europea si trova in Italia. Nel nostro paese, poi, la roccaforte è proprio in Sicilia. La Sicilia, pertanto, ha la maggiore responsabilità internazionale per la conservazione di questa specie“.
Tra i fattori determinati dalle attività umane (abiotici) che stanno determinando il declino, vi sono, sempre secondo il prof. Massa, il bracconaggio e il ritorno della falconeria.
“Un fenomeno, quello della falconeria, incoscientemente enfatizzato dagli enti locali – specifica il prof. Massa – alla ricerca di attività emotivamente d’effetto nel corso di spettacoli di sapore medioevale. Un vero e proprio ritorno al medioevo“.
Sull’Aquila del Bonelli le cose non stanno meglio. Secondo il prof. Massa, l’Aquila è estinta in quasi tutto il resto dell’Italia e le ultime popolazioni (circa 15-20 coppie) vivono in Sicilia.
“A livello internazionale – spiega il prof. Massa – l’Aquila del Bonelli è meno minacciata del Lanario, ma va specificato che la sua capacità di ripresa, a differenza dei più piccoli falchi, è più bassa così come per tutte le aquile. La Sicilia ha ormai una popolazione molto ridotta, - ha aggiunto Massa – che meriterebbe una protezione rigorosissima“.
Secondo il prof. Massa, sia per il Lanario che per l’Aquila del Bonelli, si tratta poi di popolazioni molto disperse, fatto questo che rende difficile il controllo. Cosa diversa per il piccolo Grillaio, altro rapace a rischio, che invece ha nuclei molto concentrati.
Il boom dei falconieri si è avuto dopo la nefasta modifica della legge sulla caccia che nel 1992 ha, infatti, autorizzato questa attività come mezzo di caccia. Prima di allora chi depredava nei nidi erano prevalentemente gruppi di bracconieri tedeschi, molto specializzati. Arrivavano in Sicilia con furgoni attrezzati con incubatrici. Un bracconaggio di nicchia più facilmente controllabile. Con l’incredibile permissivismo della legge sulla caccia, invece, vi è stato un vero e proprio boom che secondo quanto scoperto dagli inquirenti, si serve di bracconieri locali che prelevano i pulcini dai nidi. Una vera e propria organizzazione a delinquere ben ramificata a livello internazionale. Deprimente, poi, che i rapaci servano a fornire spettacoli pagati dalle pubbliche amministrazioni e molto in uso anche in giardini zoologici e circhi. (Fonte: GEAPRESS 02 maggio 2011)