Alla cortese attenzione di:
Corrado Passera, Ministro dello Sviluppo economico, Infrastrutture e Trasporti
Corrado Clini, Ministro dell’Ambiente, del Territorio e del Mare
Lorenzo Ornaghi, Ministro dei Beni Culturali
Mario Catania, Ministro dell’Agricoltura
Piero Gnudi, Ministro degli Affari regionali e del Turismo
Fabrizio Barca, Ministro della Coesione territoriale
Vittorio Grilli, Viceministro dell’Economia e delle Finanze
Roma, 16 dicembre 2011
Signori Ministri,
Scriviamo in previsione degli attesi provvedimenti di attuazione del dlgs 28 - 2011, in particolare di quello che riguarderà gli incentivi per gli impianti eolici. Anche se condividiamo la sostanza della riforma che sostituisce i certificati verdi con le aste al ribasso per gli impianti di potenza superiore ai 5 MW e la ridefinizione degli incentivi negli altri casi, restiamo preoccupati per il proliferare di giganteschi impianti eolici nei luoghi più belli e integri d’Italia e temiamo che i tempi e le scelte adottate possano essere inadeguati all’urgenza e alla gravità della situazione. Noi crediamo che, nell’attuale congiuntura economica, la modifica del sistema incentivante debba obbligatoriamente tener conto di alcuni fattori:
- Anche se non riguardano la materia fiscale, gli incentivi alle fonti rinnovabili sono a carico dei contribuenti italiani e delle imprese nazionali nella loro veste di consumatori-utenti: è opportuno dunque che rispondano a criteri di equità e congruità.
- nel caso dell’eolico e del fotovoltaico gli incentivi rappresentano un enorme fiume di denaro proveniente dai contribuenti italiani, che prende la via dei paesi produttori e delle multinazionali.
- l’eccesso d’incentivi a queste due fonti ha penalizzato, nei fatti, la promozione di altre fonti, come quelle termiche, a prevalente tecnologia e produzione italiana, e sottraggono necessari finanziamenti alla ricerca scientifica sulle rinnovabili per arrivare alla microgenerazione a vantaggio delle popolazioni e non alle grandi centrali che mantengono un regime di oligopolio.
- l’incentivazione agli impianti eolici in Italia è stata fino ad oggi la più alta del mondo. Solo per questa ragione è stato conveniente impiantare oltre 5000 torri per una potenza complessiva di 6.000 MW, non certo per la loro produttività. Infatti, la ventosità in Italia si attesta in media sulle 1500 ore/anno ben al di sotto delle 2000 ore/anno ritenute utili ad una produzione competitiva. Vi è quindi il rischio palese di innumerevoli impianti già autorizzati o con pareri ambientali emessi (per quanto opinabili) che rischiano di essere realizzati per ulteriori, quanto ben poco utili, 6000 MW.
- La cronaca giudiziaria ha evidenziato inchieste per speculazioni e malaffare relative ad impianti eolici in tutto il territorio nazionale e in particolare nel mezzogiorno. Le Regioni, cui spettava la facoltà di intervenire con misure urbanistico-territoriali dopo le tardive Linee Guida nazionali in materia, del settembre 2010, sostanzialmente non hanno adottato misure importanti su questo piano mentre la mole oceanica di progetti già presentati rivendica diritti acquisiti in ordine a qualsivoglia, eventuale approccio in tal senso.
- La speculazione avviene anche a spese del patrimonio culturale collettivo del paesaggio italiano, proprio nei siti dove esso è giunto integro fino ai nostri giorni: sui crinali appenninici, sulle colline, nei luoghi isolati di grande valore naturalistico, dove transitano gli uccelli migratori o si riproducono le specie faunistiche ormai rarissime.
- In molti casi, gli impianti eolici danneggiano pesantemente un altro tipo di green economy come quella agrituristica o della valorizzazione culturale dei territori che si basa, invece, sulla conservazione e tutela della natura e del paesaggio italico, beni primari che, ci permettiamo di far notare, non potranno mai essere delocalizzati altrove, parte imprescindibile di un auspicabile rilancio della nostra economia, nella misura in cui sarà salvaguardato ciò che ne rimane.
Il presidente della Repubblica ha esplicitamente parlato, appena pochi giorni fa, di "momento di straordinaria difficoltà" ed ha affermato che "siamo arrivati giusto in tempo per evitare sviluppi in senso catastrofico della situazione". Noi sappiamo che il Governo spagnolo, di recente, dovendo affrontare l’analoga emergenza finanziaria, ha rinunciato agli eccessi di prodigalità del proprio sistema incentivante delle energie rinnovabili con effetti retroattivi, validi cioè anche per gli impianti già in attività. La situazione dei costi di tale sistema in Italia è attualmente ancora più grave di quello spagnolo di allora: le ultime stime di fonte AEEG prevedono un esborso annuo, a regime nel 2020, tra i 10 e i 12 miliardi di euro. Considerando anche gli altri oneri da sostenere (in particolare l'adeguamento della rete di distribuzione e la necessità di mantenere gli impianti tradizionali in funzione di back-up degli impianti di produzione non programmabile), stiamo parlando di una cifra abnorme, a carico degli utenti e a vantaggio di una cerchia ristretta di soggetti e società, proprio mentre attraversiamo una crisi economico-finanziaria drammatica.
Se consideriamo l’obiettivo per cui gli incentivi sono stati introdotti, ovvero l’obbligo comunitario del 20/20/20, occorre prendere atto che l'installazione di impianti fotovoltaici ed eolici nel triennio 2009-2011 procede ad un ritmo ben superiore a quello previsto dal Piano di Azione Nazionale per le Energie Rinnovabili ovvero 12.000 MW di eolico e 8.000 MW di fotovoltaico installati al 2020.
La decisione, assunta quest'anno dal Governo, di aumentare a ben 23.000 MW, entro il 2016 (quindi con 4 anni di anticipo sulle scadenze del 2020), la potenza installata fotovoltaica (con impianti che noi vorremmo vedere collocati esclusivamente nelle aree industriali e sopra ai tetti degli edifici recenti e non su suolo agricolo o in zone di pregio) dovrebbe ragionevolmente compensare la necessità di installare altri impianti eolici di vertiginosa altezza, che rappresentano la nostra massima preoccupazione dal punto di vista ambientale, paesaggistico e culturale. Gli impianti eolici hanno già causato danni irreparabili in molte zone del mezzogiorno e delle isole e adesso minacciano anche le zone naturalisticamente pregiate del centro-nord.
Tranne sparute eccezioni, per anni la politica si è sottratta a una oggettiva valutazione di questa sconcertante situazione. Ora confidiamo in questo Governo e nella competenza del Ministro dell'Ambiente Corrado Clini, che ha affermato di recente: "Dobbiamo affrontare la tematica ... tenendo conto che da un lato bisogna assicurare la massima utilizzazione di queste fonti e dall'altra il rispetto degli usi bilanciati del territorio." e "... nel nostro Paese abbiamo sicuramente problemi sull'eolico perché bisogna anche paragonare il valore economico e ambientale della generazione dell'elettricità con l'eolico con quello della protezione del paesaggio, prezioso per la nostra economia. Qui dobbiamo essere molto cauti e considerare anche in questo caso la possibilità di evoluzioni tecnologiche di energia eolica con minor impatto sul paesaggio."
Sono tutte affermazioni che condividiamo e di cui vorremmo vedere attuato il senso nell'atteso provvedimento.
Ribadiamo che non siamo contrari alle energie rinnovabili, né vogliamo penalizzarne l’uso ragionevole ma ci opponiamo alle devastazioni che spesso le centrali producono sul paesaggio, “bene comune” che rinnovabile non è; in particolare riteniamo necessario che:
- Si attui, preventivamente, un censimento degli impianti già installati e di quelli già autorizzati su tutto il territorio nazionale.
- Nel frattempo si proceda ad una moratoria, così come sollecitato anche dal Tavolo della domanda di Confindustria nella lettera al Ministero dello Sviluppo Economico dello scorso ottobre, nella quale si parlava, senza mezzi termini, di "rischi di collasso" per il sistema elettrico e della necessità di evitare "una grave debacle per il sistema elettrico ed il sistema industriale italiano".
- Sia ridotta la soglia dei certificati verdi emessi annualmente, in base a quanto previsto dall’art.148 della Legge finanziaria 2008 che prevede che il valore di riferimento (fissato da quell’anno a 180 euro a MWh) e i coefficienti…. possono essere aggiornati, ogni tre anni, con Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico…”.
- La installazione di potenziale fotovoltaico eccedente il valore obiettivo proposto all'Unione (8.000 MW, siamo già a quasi 12.000 MW in esercizio), vada a detrazione della quota prevista dal PAN per l'eolico.
- Le quote di potenziale eolico da installare annualmente tramite il sistema delle aste al ribasso venga definito dal Governo nazionale, e non delegato alle Amministrazioni periferiche, più facilmente condizionabili dagli enormi interessi in gioco. In ogni caso ribadiamo l’assoluta opportunità e legittimità di tagliare gli incentivi a questa tecnologia, allocabile in aree sempre meno ventose, in ragione del nuovo apporto energetico da fotovoltaico. Altresì, il sistema per gli impianti inferiori a 5 MW deve essere ulteriormente reso garantista poichè tale potenza è di per sé non trascurabile quando si parla di impianti da fonte rinnovabile. Ne sia un esempio la drammatica deregolamentazione degli impianti eolici e fotovoltaici da 1MW che imperversano in Puglia e Basilicata.
- Per analoghi motivi, la definizione delle quote regionali di burden sharing prevedano anche delle quote massime per regione, oltre le quali gli incentivi pubblici non dovrebbero essere più assegnati.
- Si affronti il tema della decarbonizzazione del nostro sistema Paese partendo da un approccio multidisciplinare, scevro da ideologie preconcette, concertato e soprattutto basato sul maggior valore aggiunto in termini di risultato nella lotta ai gas serra.
Altura il Presidente Stefano Allavena
Amici della terra la Presidente Rosa Filippini
Comitato nazionale del Paesaggio il Presidente Carlo Ripa Di Meana,
Comitato per la Bellezza il Presidente Vittorio Emiliani,
Italia Nostra la Presidente Alessandra Mottola Molfino,
LIPU il Presidente Fulvio Mamone Capria
Mountain Wilderness il Presidente Carlo Alberto Pinelli,
Movimento Azzurro il Presidente Dante Fasciolo
Terra Celeste la Presidente Luisa Bonesio
VAS (Verdi Ambiente e Società) il Presidente Sen. Guido Pollice
Elenco comitati ed associazioni territoriali che sottoscrivono il documento
Comitato Nazionale contro Fotovoltaico ed Eolico nelle Aree Verdi.
Appennino Tosco emiliano-romagnolo e aree limitrofe:
Associazione Ornitologi dell'Emilia Romagna (ASOER)
Comitato Ariacheta (San Godenzo FI)
Comitato Alta valle del Sillaro (BO)
Comitato Monte Faggiola (Firenzuola FI)
Comitato interregionale salvaguardia Appennino tosco-emiliano-ligure (CISATEL)
Comitato Prato Barbieri (Bettola PC)
Comitato Tutela Paesaggio di Piacenza
Comitato di Sparvo (Castiglione dei Pepoli BO)
Comitato per il territorio delle Quattro Province (PC, AL, GE, PV)
Comitato Difendiamo la Garfagnana (Casola MS - Minucciano LU)
Comitato Salviamo Biancarda e Poggio Tre Vescovi (Verghereto FC, Casteldelci RN, Badia
Tedalda AR)
Comitato in difesa del paesaggio di Camugnano (BO)
Comitato Monte dei Cucchi - La Faggeta (San Benedetto val di Sambro BO)
Comitato Bruscoli - La Faggeta (Firenzuola FI)
Comitato La luna sul monte (Pontremoli MS)
Comitato per la valorizzazione e lo sviluppo sostenibile dell'Appennino pistoiese
Comitato Passo delle Pianazze - Case Ini (Farini PC - Bardi PR)
Maremma
Comitato GEO - Ambiente & Territorio Monterotondo Marittimo
Comitato contro il Mega progetto Poggio Malconsiglio (Riparbella Pisa)
Alpi liguri:
Comitato Pro M. Armetta, M. Dubasso (Alto CN)
Comitato popolare Sciancui (Ormea CN)
Comitato Mindino Libero (Garessio CN)
Associazione Cuneobirding
Marche:
Comitato No Megaeolico (PU)
Comitato per la difesa del monte Mezzano (Sassoferrato AN)
Associazione Sibilla Appenninica
Molise:
Comitato pro-tempore La rete contro l'eolico selvaggio e i rifiuti del Molise (136 comitati e
associazioni molisane)
Tuscia:
Rete di Salvaguardia del Territorio
Associazione Alleanza per l'Ambiente - Terra e Natura
Basilicata:
Organizzazione lucana ambientalista (OLA)
Comitato Ambiente Paesaggio Sicurezza e Salute (Lavello PZ)
Città plurale Matera
venerdì 23 dicembre 2011
domenica 18 dicembre 2011
Eolico alle porte della città dei Sassi
Alla fine toccò anche alla Città dei Sassi, patrimonio dell’Umanità. Quattordici aereoturbine (pale eoliche) alte 130 metri della potenza complessiva di 35 mw. saranno installate in località Verzellino. Dovrebbe essere quell’area che è a nord di Matera, dietro la collina che si vede al lato del centro commerciale Venusio, proprio dietro l’antica masseria diroccata su cui campeggia un grande “Vendesi”. Le 14 turbine si vedranno bene da Matera città e, molto probabilmente, persino da Gravina: altereranno i profili degli splendidi campi di grano che circondano la città d’arte lucana. Campi che creano una cornice orografica unica ad una città che ha già incantato l’Unesco e che anche in quella contrada conservano alcune masserie storiche, come San Domenico, o luoghi di culto, come Picciano, o masserie agricole attive, come Dragone.
Le 14 pale eoliche le realizzerà la Marcopolo Engineering SpA, con sede a Borgo San Dalmazzo (Cn), la quale alla Regione ha richiesto il parere di Via, Valutazione di impatto ambientale, necessario alla realizzazione dell’impianto eolico. La società è la stessa che ha presentato, in contrada Bersagliera, nel territorio di Montalbano Jonico, che è sede della Riserva del “Geosito dei Calanchi” (il parco eolico è previsto al confine con la riserva), una richiesta di altre 9 turbine per un totale di 22,5 mw. da aggiungere ai 35 di Matera, per complessivi (sulla carta) 57,5 mw. Produzione energetica sufficiente più o meno a coprire i consumi energetici delle circa 15 mila famiglie materane, più la sua area industriale, ma ai materani e alle loro imprese andrà il sicuro impatto ambientale, ma zero euro e zero energia gratuita. Se il trattamento è lo stesso previsto per il Comune di Montalbano Jonico, la Città di Matera beneficerà dal 4 all’8 per cento di compensazione in moneta (intorno alle 70mila euro all’anno per 20 anni), più alcune realizzazioni di arredo urbano. Mentre alla Marcopolo Engineering, pagati col 7 per cento della bolletta Enel dei cittadini, andranno una marea di soldi in incentivi, più di qualche milione di euro all’anno dai due impianti. Finiti i 20 anni, non si capisce chi smantellerà questi impianti impattanti, verso cui le associazioni ambientaliste nutrono dubbi che siano realmente collegate alla rete energetica nazionale. Col rischio, in tal caso, che restituiscano al vento, ciò che dovrebbero produrre dal vento, ma non prima di aver trattenuto l’attraente incentivo.
È il problema dell’energia rinnovabile gestita con la sufficienza e la confusione del “Italian style” in tema di riciclo ambientale, che ad esempio non ha una rete autonoma per il recupero e l’accumulo delle energie rinnovabili. Questione sollevata anche dall’economista Jeremy Rifkin in un recente convegno a Potenza, come limite concreto allo sviluppo di ciò che egli chiama “la Terza rivoluzione industriale”. Cioè quella possibilità di smuovere l’economia di un territorio rendendolo energeticamente libero e autosufficiente da una produzione/distribuzione dell’energia verticistica e monopolistica, che si può attuare se, come denunciano da tempo anche le associazioni di cittadini e i movimenti ambientalisti, «la si smette di speculare sull’energia rinnovabile con i grandi parchi eolici o fotovoltaici e la si concede a edifici, famiglie e imprese». I cui costi di gestione più pesanti sono rappresentati proprio da quelli energetici.
Incentivi dello stato per impianti industriali
Più che il vento, poté l’incentivo? Mentre in Italia i parchi eolici (e non solo) spopolano, in Francia se ne contano “solo” 4 mila pale di eoliche su tutto il territorio nazionale. La sola Basilicata ha già 200 torri, finora collocate lungo la dorsale appenninica che da Potenza porta a Melfi, più la dorsale di Grottole sulla Basentana e l’impianto di Rotondella lungo la valle del Sinni. Ma aspira ad averne, stando al suo Piano energetico regionale, fino a 1360, circa un terzo dell’intera Francia. La Basilicata ha dunque più vento della Francia?
In Italia e in Basilicata sono in molti oramai a contestare questa gestione verticistica delle rinnovabili che, tra energia prodotta dai rifiuti e assimilata alle rinnovabili (unico Paese al mondo con tale legiferazione) e grandi parchi fotovoltaici ed eolici, non fanno che consumare territorio e togliere risorse all’autonomia energetica della collettività, catalizzando, per conto di società private, più incentivi che sole e il vento.
All’impianto materano della Marcopolo Engineering, così come a quello di Montalbano, è possibile presentare le osservazioni entro e non oltre il 24 gennaio del 2012. Le possono presentare i singoli cittadini, le associazioni, i movimenti, gli enti e persino i Comuni. Ai quali ultimi, la domanda è diretta: presenteranno proprie osservazioni visto il valore ambientale del loro territorio municipale?
[Enzo Palazzo - La Gazzetta del Mezzogiorno 14/12/2011]
Le 14 pale eoliche le realizzerà la Marcopolo Engineering SpA, con sede a Borgo San Dalmazzo (Cn), la quale alla Regione ha richiesto il parere di Via, Valutazione di impatto ambientale, necessario alla realizzazione dell’impianto eolico. La società è la stessa che ha presentato, in contrada Bersagliera, nel territorio di Montalbano Jonico, che è sede della Riserva del “Geosito dei Calanchi” (il parco eolico è previsto al confine con la riserva), una richiesta di altre 9 turbine per un totale di 22,5 mw. da aggiungere ai 35 di Matera, per complessivi (sulla carta) 57,5 mw. Produzione energetica sufficiente più o meno a coprire i consumi energetici delle circa 15 mila famiglie materane, più la sua area industriale, ma ai materani e alle loro imprese andrà il sicuro impatto ambientale, ma zero euro e zero energia gratuita. Se il trattamento è lo stesso previsto per il Comune di Montalbano Jonico, la Città di Matera beneficerà dal 4 all’8 per cento di compensazione in moneta (intorno alle 70mila euro all’anno per 20 anni), più alcune realizzazioni di arredo urbano. Mentre alla Marcopolo Engineering, pagati col 7 per cento della bolletta Enel dei cittadini, andranno una marea di soldi in incentivi, più di qualche milione di euro all’anno dai due impianti. Finiti i 20 anni, non si capisce chi smantellerà questi impianti impattanti, verso cui le associazioni ambientaliste nutrono dubbi che siano realmente collegate alla rete energetica nazionale. Col rischio, in tal caso, che restituiscano al vento, ciò che dovrebbero produrre dal vento, ma non prima di aver trattenuto l’attraente incentivo.
È il problema dell’energia rinnovabile gestita con la sufficienza e la confusione del “Italian style” in tema di riciclo ambientale, che ad esempio non ha una rete autonoma per il recupero e l’accumulo delle energie rinnovabili. Questione sollevata anche dall’economista Jeremy Rifkin in un recente convegno a Potenza, come limite concreto allo sviluppo di ciò che egli chiama “la Terza rivoluzione industriale”. Cioè quella possibilità di smuovere l’economia di un territorio rendendolo energeticamente libero e autosufficiente da una produzione/distribuzione dell’energia verticistica e monopolistica, che si può attuare se, come denunciano da tempo anche le associazioni di cittadini e i movimenti ambientalisti, «la si smette di speculare sull’energia rinnovabile con i grandi parchi eolici o fotovoltaici e la si concede a edifici, famiglie e imprese». I cui costi di gestione più pesanti sono rappresentati proprio da quelli energetici.
Incentivi dello stato per impianti industriali
Più che il vento, poté l’incentivo? Mentre in Italia i parchi eolici (e non solo) spopolano, in Francia se ne contano “solo” 4 mila pale di eoliche su tutto il territorio nazionale. La sola Basilicata ha già 200 torri, finora collocate lungo la dorsale appenninica che da Potenza porta a Melfi, più la dorsale di Grottole sulla Basentana e l’impianto di Rotondella lungo la valle del Sinni. Ma aspira ad averne, stando al suo Piano energetico regionale, fino a 1360, circa un terzo dell’intera Francia. La Basilicata ha dunque più vento della Francia?
In Italia e in Basilicata sono in molti oramai a contestare questa gestione verticistica delle rinnovabili che, tra energia prodotta dai rifiuti e assimilata alle rinnovabili (unico Paese al mondo con tale legiferazione) e grandi parchi fotovoltaici ed eolici, non fanno che consumare territorio e togliere risorse all’autonomia energetica della collettività, catalizzando, per conto di società private, più incentivi che sole e il vento.
All’impianto materano della Marcopolo Engineering, così come a quello di Montalbano, è possibile presentare le osservazioni entro e non oltre il 24 gennaio del 2012. Le possono presentare i singoli cittadini, le associazioni, i movimenti, gli enti e persino i Comuni. Ai quali ultimi, la domanda è diretta: presenteranno proprie osservazioni visto il valore ambientale del loro territorio municipale?
[Enzo Palazzo - La Gazzetta del Mezzogiorno 14/12/2011]
giovedì 15 dicembre 2011
CITES: OPERAZIONE "BONELLI". LA FORESTALE E L'UNIVERSITÀ DI PALERMO LIBERANO IN NATURA UNA RARA AQUILA DEL BONELLI
"TURI", un maschio della rarissima specie di cui sono censite in Italia meno di 20 coppie, è stato restituito alla natura dopo essere stato trafugato da un nido siciliano per essere avviato al mercato nero
É stato liberato, in una zona segreta dell'entroterra siciliano, un rarissimo esemplare di Aquila del Bonelli sequestrato lo scorso anno durante un'importante operazione svolta su tutto il territorio nazionale. L'evento di straordinaria rarità è stato reso possibile grazie al Corpo forestale dello Stato e al coordinamento scientifico dell'Università di Palermo - Sezione di Biologia Animale e Antropologia Biologica.
Il rarissimo esemplare liberato era stato sequestrato lo scorso anno durante un'importante operazione svolta su tutto il territorio nazionale in collaborazione con il WWF Italia e gli esperti del suo Ufficio TRAFFIC.
L'esemplare era stato depredato da pulcino (pullus) in un nido di Campobello di Licata (AG) da soggetti legati ad una organizzazione di bracconieri e falconieri dediti al traffico illegale di rapaci.
L'attività di depredazione dei nidi è una delle forme di bracconaggio (effettuata arrampicandosi con corde e ramponi da alpinismo) che, unitamente al deterioramento degli habitat naturali, costituisce una delle principali cause della rarefazione di specie animali ormai sull'orlo dell'estinzione come l'Aquila del Bonelli.
L'esemplare, nonostante avesse subito un parziale imprinting (addomesticamento dall'uomo) è stato riadattato alla vita selvatica e ha riacquisito l'autonomia predatoria grazie all'azione degli specialisti della Riserva Regionale del Lago di Vico (VT) e dell'associazione ORNIS Italica e, una volta munito di ricetrasmittente, è stato liberato in un'area segreta, per impedire che potesse essere recuperato dai bracconieri.
"TURI", così è stata chiamata l'aquila, è stato già osservato predare autonomamente nei primi giorni della liberazione e acquistare quota trovando riparo su una cengia rocciosa a circa 300 m s.l.m..
L'aquila ha subito sfruttato le correnti termiche favorevoli per eseguire spettacolari voli che le hanno permesso di perlustrare, per la prima volta nella sua vita, l'ambiente selvatico dove dovrà imparare, in fretta, a difendersi da competitori naturali come corvi, falchi e aquile reali.
Comunque, l'esemplare resta monitorato nei suoi spostamenti da volontari coordinati dall'equipe del Prof. Sarà, biologo e ornitologo dell'Università degli Studi di Palermo e dallo staff guidato dal Dr. Giovanni Giardina del Centro recupero regionale rapaci di Ficuzza (PA).
Si tratta del primo caso di rilascio in natura in Italia di un esemplare di una specie così rara, recuperato e riabilitato dopo l'imprinting da parte dell'uomo. Tutta la complessa e lunga operazione, unica nel suo genere, servirà anche a sperimentare ed ottimizzare un protocollo innovativo per le reintroduzioni in natura di fauna selvatica, soprattutto uccelli.
L'operazione è stata resa possibile anche grazie al sostegno del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, quale autorità principale per l'attuazione della CITES in Italia
L'Aquila del Bonelli (Hieraaetus fasciatus) è una specie inclusa nell'Appendice II della Convenzione internazionale sul commercio delle specie in via d'estinzione (CITES) e nell'Allegato A al Regolamento comunitario 338/97 che da attuazione alla CITES in ambito europeo.
Per questo è generalmente vietato il commercio di questi esemplari e la loro detenzione in assenza di specifica certificazione CITES. La specie è, inoltre, considerata super protetta dalla normativa sul prelievo venatorio.
Le imputazioni per i criminali ambientali coinvolti nelle indagini sono diverse: dalle sanzioni previste dalla legge relativa alle violazioni della CITES in Italia, a quelle previste dalla legge sul prelievo venatorio, per aver prelevato e detenuto specie protette e non cacciabili, nonché per avere recato disturbo ai siti di nidificazione e alle coppie di rapaci intente nella fase riproduttiva, di difesa e di svezzamento della prole.
Il commercio illegale di specie protette, ancora fiorente e fonte di cospicui guadagni illeciti (una coppia di aquile del Bonelli può fruttare sino a 20.000 euro), è fortemente deleterio per la conservazione della biodiversità della nostra penisola, in particolare quella di un'isola così ricca di endemismi (specie esistenti solo in determinate aree di distribuzione) qual è la Sicilia.
Va evidenziato che in Sicilia non esistono più di una quindicina di nidi di Aquila del Bonelli che, nonostante le attività di contrasto sviluppate dai forestali e la preziosa opera dei volontari (WWF, LIPU, ecc.), ogni anno vengono "presi d'assalto" dai trafficanti.
E' la prima volta, nel nostro Paese, che l'intelligence sul traffico illecito di specie tutelate porta a ricostruire il giro del traffico illecito di rapaci, a partire dai nidi oggetto dell'illecito prelievo in natura sino ai ricettatori finali, permettendo, quindi, di recuperare dei soggetti razziati per la loro successiva reintroduzione in natura.
L'esecuzione dell'Operazione Bonelli, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta, e avviata grazie alla collaborazione dell'Ufficio TRAFFIC del WWF Italia che ha fornito il fondamentale supporto informativo, ha portato al sequestro complessivo di oltre 50 rapaci protetti tra cui gipeti, aquile reali, falchi lanari e pellegrini, capovaccai (i famosi avvoltoi egiziani) e costituisce una testimonianza del concreto e diretto impegno del Corpo forestale dello Stato a tutela della biodiversità del nostro Paese.
Fonte: http://www3.corpoforestale.it 15 dicembre 2011
É stato liberato, in una zona segreta dell'entroterra siciliano, un rarissimo esemplare di Aquila del Bonelli sequestrato lo scorso anno durante un'importante operazione svolta su tutto il territorio nazionale. L'evento di straordinaria rarità è stato reso possibile grazie al Corpo forestale dello Stato e al coordinamento scientifico dell'Università di Palermo - Sezione di Biologia Animale e Antropologia Biologica.
Il rarissimo esemplare liberato era stato sequestrato lo scorso anno durante un'importante operazione svolta su tutto il territorio nazionale in collaborazione con il WWF Italia e gli esperti del suo Ufficio TRAFFIC.
L'esemplare era stato depredato da pulcino (pullus) in un nido di Campobello di Licata (AG) da soggetti legati ad una organizzazione di bracconieri e falconieri dediti al traffico illegale di rapaci.
L'attività di depredazione dei nidi è una delle forme di bracconaggio (effettuata arrampicandosi con corde e ramponi da alpinismo) che, unitamente al deterioramento degli habitat naturali, costituisce una delle principali cause della rarefazione di specie animali ormai sull'orlo dell'estinzione come l'Aquila del Bonelli.
L'esemplare, nonostante avesse subito un parziale imprinting (addomesticamento dall'uomo) è stato riadattato alla vita selvatica e ha riacquisito l'autonomia predatoria grazie all'azione degli specialisti della Riserva Regionale del Lago di Vico (VT) e dell'associazione ORNIS Italica e, una volta munito di ricetrasmittente, è stato liberato in un'area segreta, per impedire che potesse essere recuperato dai bracconieri.
"TURI", così è stata chiamata l'aquila, è stato già osservato predare autonomamente nei primi giorni della liberazione e acquistare quota trovando riparo su una cengia rocciosa a circa 300 m s.l.m..
L'aquila ha subito sfruttato le correnti termiche favorevoli per eseguire spettacolari voli che le hanno permesso di perlustrare, per la prima volta nella sua vita, l'ambiente selvatico dove dovrà imparare, in fretta, a difendersi da competitori naturali come corvi, falchi e aquile reali.
Comunque, l'esemplare resta monitorato nei suoi spostamenti da volontari coordinati dall'equipe del Prof. Sarà, biologo e ornitologo dell'Università degli Studi di Palermo e dallo staff guidato dal Dr. Giovanni Giardina del Centro recupero regionale rapaci di Ficuzza (PA).
Si tratta del primo caso di rilascio in natura in Italia di un esemplare di una specie così rara, recuperato e riabilitato dopo l'imprinting da parte dell'uomo. Tutta la complessa e lunga operazione, unica nel suo genere, servirà anche a sperimentare ed ottimizzare un protocollo innovativo per le reintroduzioni in natura di fauna selvatica, soprattutto uccelli.
L'operazione è stata resa possibile anche grazie al sostegno del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, quale autorità principale per l'attuazione della CITES in Italia
L'Aquila del Bonelli (Hieraaetus fasciatus) è una specie inclusa nell'Appendice II della Convenzione internazionale sul commercio delle specie in via d'estinzione (CITES) e nell'Allegato A al Regolamento comunitario 338/97 che da attuazione alla CITES in ambito europeo.
Per questo è generalmente vietato il commercio di questi esemplari e la loro detenzione in assenza di specifica certificazione CITES. La specie è, inoltre, considerata super protetta dalla normativa sul prelievo venatorio.
Le imputazioni per i criminali ambientali coinvolti nelle indagini sono diverse: dalle sanzioni previste dalla legge relativa alle violazioni della CITES in Italia, a quelle previste dalla legge sul prelievo venatorio, per aver prelevato e detenuto specie protette e non cacciabili, nonché per avere recato disturbo ai siti di nidificazione e alle coppie di rapaci intente nella fase riproduttiva, di difesa e di svezzamento della prole.
Il commercio illegale di specie protette, ancora fiorente e fonte di cospicui guadagni illeciti (una coppia di aquile del Bonelli può fruttare sino a 20.000 euro), è fortemente deleterio per la conservazione della biodiversità della nostra penisola, in particolare quella di un'isola così ricca di endemismi (specie esistenti solo in determinate aree di distribuzione) qual è la Sicilia.
Va evidenziato che in Sicilia non esistono più di una quindicina di nidi di Aquila del Bonelli che, nonostante le attività di contrasto sviluppate dai forestali e la preziosa opera dei volontari (WWF, LIPU, ecc.), ogni anno vengono "presi d'assalto" dai trafficanti.
E' la prima volta, nel nostro Paese, che l'intelligence sul traffico illecito di specie tutelate porta a ricostruire il giro del traffico illecito di rapaci, a partire dai nidi oggetto dell'illecito prelievo in natura sino ai ricettatori finali, permettendo, quindi, di recuperare dei soggetti razziati per la loro successiva reintroduzione in natura.
L'esecuzione dell'Operazione Bonelli, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta, e avviata grazie alla collaborazione dell'Ufficio TRAFFIC del WWF Italia che ha fornito il fondamentale supporto informativo, ha portato al sequestro complessivo di oltre 50 rapaci protetti tra cui gipeti, aquile reali, falchi lanari e pellegrini, capovaccai (i famosi avvoltoi egiziani) e costituisce una testimonianza del concreto e diretto impegno del Corpo forestale dello Stato a tutela della biodiversità del nostro Paese.
Fonte: http://www3.corpoforestale.it 15 dicembre 2011
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martedì 6 dicembre 2011
Bocciato il progetto di eolico a Scoppito (AQ)
Nella seduta del 1 dicembre scorso, il Comitato di Coordinamento Regionale per la Valutazione d'Impatto Ambientale (CCR-VIA) della Regione Abruzzo ha espresso parere non favorevole al progetto per la realizzazione di 8 aerogeneratori da 2,6 MW da parte della Alerion Energie Rinnovabili nel comune di Scoppito (AQ) a causa "della presenza documentata del grifone ed in conformità alla normativa comunitaria che prevede l'applicazione del principio di precauzione".
Già nel 2010 il progetto era stato rinviato per acquisire integrazioni circa le osservazioni dell'Ente Parco Nazionale del Gran Sasso - Laga e del Corpo Forestale dello Stato che mettevano in luce la criticità dell'impianto nei confronti dell'avifauna in particolare di grifone, aquila reale e di alcune specie di mammiferi in particolare dell'orso bruno marsicano e dei chirotteri. Oltre all'impatto sulla fauna, il CFS esprimeva perplessità circa l'impatto della viabilità prevista sulla vegetazione e su unità ambientali di elevato interesse ecologico e di interesse comunitario.
Determinante è stato, nella seduta del 1 dicembre, il nuovo parere contrario del Corpo Forestale dello Stato, in quanto dati preliminari dello "studio sul monitoraggio telemetrico satellitare del grifone" intrapreso dall'Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Castel di Sangro, mostarno come "la presenza del grifone nell'area di Scoppito sia accertata e consolidata e che la zona in questione rientra tra le aree maggiormente frequentate dal grifone, escludendo pertanto che si tratti di un'area marginale come asserito dalla ditta proponente".
Alla seduta della CCR-VIA ha partecipato in audizione il responsabile regionale Abruzzo di ALTURA e sono state accolte le istanze presentate come osservazioni da parte della LIPU Abruzzo.
Nella foto qui sotto, scattata da Daniele Valfrè, si nota l'area montuosa che sarebbe stata occupata dall'impianto eolico.
Già nel 2010 il progetto era stato rinviato per acquisire integrazioni circa le osservazioni dell'Ente Parco Nazionale del Gran Sasso - Laga e del Corpo Forestale dello Stato che mettevano in luce la criticità dell'impianto nei confronti dell'avifauna in particolare di grifone, aquila reale e di alcune specie di mammiferi in particolare dell'orso bruno marsicano e dei chirotteri. Oltre all'impatto sulla fauna, il CFS esprimeva perplessità circa l'impatto della viabilità prevista sulla vegetazione e su unità ambientali di elevato interesse ecologico e di interesse comunitario.
Determinante è stato, nella seduta del 1 dicembre, il nuovo parere contrario del Corpo Forestale dello Stato, in quanto dati preliminari dello "studio sul monitoraggio telemetrico satellitare del grifone" intrapreso dall'Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Castel di Sangro, mostarno come "la presenza del grifone nell'area di Scoppito sia accertata e consolidata e che la zona in questione rientra tra le aree maggiormente frequentate dal grifone, escludendo pertanto che si tratti di un'area marginale come asserito dalla ditta proponente".
Alla seduta della CCR-VIA ha partecipato in audizione il responsabile regionale Abruzzo di ALTURA e sono state accolte le istanze presentate come osservazioni da parte della LIPU Abruzzo.
Nella foto qui sotto, scattata da Daniele Valfrè, si nota l'area montuosa che sarebbe stata occupata dall'impianto eolico.
lunedì 5 dicembre 2011
sabato 3 dicembre 2011
La ricchezza delle terre di confine
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