sabato 14 maggio 2011

FROSOLONE (IS): PALA EOLICA COLPISCE NIBBIO REALE

COMUNICATO STAMPA LIPU

LIPU: casi frequenti. Studi preliminari superficiali, è necessario chiudere gli impianti killer sorti nelle ZPS

Un altro splendido Nibbio reale è stato trovato da alcuni gitanti ieri ai piedi di una torre eolica a Frosolone (IS), colpito da una maledetta pala rotante.
Il raro rapace è stato portato al Centro Recupero Fauna Selvatica LIPU, dove è stato sottoposto agli accertamenti del veterinario che ne ha decretato l'impossibilità del recupero.
Il Nibbio reale è stato colpito di striscio dalla pala eolica, ma ha perso le falangi e l'ala presenta fratture multiple e scomposte.
"Per Frosolone è già il secondo Nibbio in pochi mesi - informano alla LIPU - ormai si moltiplicano le segnalazioni di animali morti ai piedi delle torri eoliche, falciati durante il volo o la migrazione".
Gli ambientalisti sostengono inoltre che questi ritrovamenti sono solo la punta di un iceberg. Molte carcasse vengono prelevate nottetempo da cani e volpi, per cui risulta di molto sottovalutato il numero delle perdite.
Si tratta soprattutto di Poiane, ma cadono vittima sovente animali più rari come in questo ultimo caso.
Da diversi anni la LIPU molisana sostiene l'impossibilità di tollerare impianti eolici nati all'interno delle aree Natura 2000, che l'Europa ha concepito per la salvaguardia delle specie a rischio e non per la loro estinzione. In Molise invece sono sorti torri eoliche a Ripabottoni, Longano e Frosolone, tutte in aree dove non dovrebbero esserci.
"Non è tollerabile questa palese violazione delle Direttive UE - proseguono alla LIPU - e il continuo ritrovamento di animali uccisi dalle pale ci spinge a chiedere formalmente la chiusura di tutti gli impianti costruiti nelle IBA e ZPS (Zone a protezione speciale)".
Ormai il grande fronte di opposizione alla proliferazione selvaggia dell'eolico ha innescato la nascita dell'indignazione pubblica e politici ed amministratori devono tenerne conto.
"Vorremmo sapere dalla Regione Molise - concludono alla LIPU-Birdlife Italia - quali sono gli interventi che ha adottato per tutelare l'avifauna minacciata, come prevedono le normative, visto che invece si continua ad autorizzare la costruzione di centinaia di torri eoliche"
 Casacalenda, 13 maggio 2011





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mercoledì 11 maggio 2011

Cosa succede al Territorio con il D.Lgs 28/2011 Romani sulle rinnovabili ?

Con il Decreto Romani del 03.03.2011 pubblicato in GU 28.03.2011 sono state introdotte delle novità nel settore delle rinnovabili. Limitatamente agli aspetti di maggiore interesse per le tutele del territorio è opportuno identificarne alcuni e cercare di capire quali possano essere le emergenze da perseguire in una politica complessiva di salvaguardia.

PROCEDURE
Intanto viene introdotta la “procedura abilitativa semplificata” (PAS) che va a sostituire la D.I.A. (Dichiarazione di Inizio Attività) già prevista per talune tipologie di impianti nelle Linee Guida Nazionali. Tale procedura abilitativa è una sorta di super DIA con cui, indicativamente, sembra che sia il comune e non più il proponente ad assumersi l’onere di raccogliere eventuali atti di assenso necessari a corredare la richiesta del titolo abilitativo.
E’ demandato alle Regioni il compito di individuare formule con cui prevenire effetti cumulativi ed elusioni in ordine ad un utilizzo improprio della PAS. Cosa che ragionevolmente non avverrà mai o sarà del tutto superficiale con intuibili conseguenze.

Sempre nel campo delle procedure, per i procedimenti avviati dopo l’entrata in vigore del Decreto, viene sancita la compressione a 3 mesi (erano 6 mesi) del tempo necessario a completare il procedimento di Autorizzazione Unica con relative conferenze di servizio, al netto dei tempi previsti della procedura di verifica/VIA.
Attenzione: al netto dei “TEMPI previsti per …” e non semplicemente al netto della verifica/VIA. Sembrerebbe che i tempi già cadenzati per le valutazioni di carattere ambientale diventano essi stessi contingentati ai fini della legittimità sul procedimento complessivo. Fino ad oggi era orientamento consolidato che la procedura di verifica/VIA rappresentasse un endoprocedimento a se stante, seppur con tempi programmati ma quasi mai rispettati per intuibili difficoltà o per approfondimenti richiesti al proponente.
Questo dettaglio rischia di offrire una ulteriore sponda agli speculatori in sede di ricorso amministrativo visti i tempi e le capacità organizzative della Pubblica Amministrazione.

Assolutamente deleterio è l’art.6, comma 9, : le Regioni possono elevare la soglia di potenza fino a 1 MW nell’applicazione della PAS per tutte le tipologie di impianti FER.
Ove applicata, questa disposizione comporterà il caos totale come accaduto in Puglia dove una simile quanto indebita deregolamentazione è stata drammaticamente sperimentata per l’eolico con la D.I.A.. Centinaia e centinaia di istanze sono approdate a UTC comunali del tutto impreparati (o compiacenti), fino a quando la norma è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale rispetto ai più bassi limiti che erano previsti dalla norma nazionale.
In realtà il provvedimento appare del tutto funzionale a “salvare” un’altra analoga norma di deregolamentazione tutt’ora disastrosamente in vigore in Basilicata, sebbene dichiarata illegittima anche qui con un recente pronunciamento della Corte Costituzionale, evidentemente vanificato dall’articolo in questione. Altre Regioni si stanno già orientando in questa direzione.
La deregolamentazione era purtroppo sostenuta anche nella proposta di Legge di iniziativa popolare sull’Energia, promossa mesi fa con raccolte di firme da parte di alcune associazioni (Legambiente, Greenpeace, Wwf ed altre).

Quanto alla “Comunicazione per attività in edilizia libera”, essa continua ad applicarsi secondo quando previsto dalle recenti Linee Guida nazionali (per micro impianti, es. eolico con rotore da 1m e h da 1,5m). Ma anche qui è prevista la possibilità per le Regioni di elevare le soglie di potenza fino a 50KW o di qualsivoglia potenza per FV sui tetti, al netto di eventuali norme di tutela ambientale applicabili al caso.


REQUISITI per il FOTOVOLTAICO a TERRA
L’art.10 comma 4 introduce un positivo (ma non esaustivo) argine al FV sui terreni liberi. Esso esclude dagli incentivi (quindi non applica un divieto urbanistico che sarebbe stato necessario concertare obbligatoriamente con le Regioni) tutti gli impianti FV superiori a 1 MW con moduli collocati a terra sui terreni agricoli.
A questo limite si aggiunge la distanza minima di 2 Km nel caso gli impianti siano su terreni appartenenti allo stesso proprietario. In ogni caso non può essere destinato più del 10% del terreno nella disponibilità del proponente.
Tuttavia queste prescrizioni non possono considerarsi esaustive per la tutela dei terreni agricoli se si considera che 1 MW di FV corrispondono pur sempre a circa 2 ettari.
Inoltre questa disposizione non si applica ai terreni abbandonati da almeno 5 anni.
Non è chiaro cosa e come si possa intendere per “abbandonati”, nemmeno come e da quando si possa certificare lo stato di “abbandono” ma paradossalmente emerge un grave rischio proprio per le aree più pregevoli dal punto di vista ambientale. In genere sono proprio gli incolti o i pascoli, cioè terreni non utilizzati dall’agricoltura, a rappresentare le aree di maggiore interesse per la concentrazione di biodiversità che presentano e per l’ovvio valore ecologico e paesaggistico.
Degno di attenzione è il transitorio con cui entra in vigore questa disposizione: essa non si applica ai progetti che abbiano conseguito l’autorizzazione entro la data di entrata in vigore del Decreto o presentati entro il 1 gennaio 2011 PURCHE’, tuttavia, l’impianto entri in esercizio entro un anno dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto (29 marzo 2012).
E’ del tutto evidente che per salvare le aree già gravate da progetti presentati o addirittura autorizzati, gioca un ruolo fondamentale il “rallentamento” dell’iter autorizzativo e dei tempi realizzativi di un grosso impianto, che indurrebbero a loro volta un fattore di rischio per la società proponente e per l’istituto di credito finanziatore, quindi, si spera, l’orientamento a desistere nel realizzare un impianto di grossa taglia per quanto autorizzato !

INCENTIVI
E’ previsto che agli impianti oltre 5 MW entrati in esercizio dal 1 gennaio 2013 siano assegnati incentivi attraverso aste al ribasso rispetto ad una soglia predefinita. L’incentivo sarà diversificato per fonti, soglie di potenza ed altri criteri. Non è chiaro se vi saranno anche criteri di natura territoriale, quindi orientati a compensare la diversa producibilità dell’impianto sul territorio nazionale, quindi nell’ottica di perseguire le soglie di potenza che sarebbero assegnate alle regioni.
E’ previsto inoltre un sistema di transizione dal vecchio al nuovo sistema incentivante anche per gli impianti che già in esercizio o che entrino in esercizio prima del 2013.
In particolare i Certificati Verdi per l’eolico resteranno in vigore fino a tutto il 2015 e il valore di quelli eccedenti il rispetto della quota d’obbligo (non negoziati sul mercato), e quindi di cui il GSE garantisce il ritiro, è pari al 78% del prezzo stabilito.
Entro 6 mesi dall’entrata in vigore del Decreto (entro settembre) dovranno essere emanati i decreti che disciplinano l’incentivazione per gli impianti in genere sotto i 5MW e quelli sottoposti a rifacimento, il sistema di aste per quelli oltre 5 MW e i sistemi di transizione.

Per il FV l’incentivo attuale è garantito per gli impianti che entrino in esercizio entro maggio c.a.. Tuttavia è in corso di pubblicazione il decreto attuativo in ordine alla incentivazione successiva a maggio.

E’ prevista la possibilità di accordi tra l’Italia ed altri Stati per trasferimenti statistici di energia allo scopo di rispettare le quote di competenza di rinnovabile ma solo ove non fossero raggiunti gli obiettivi intermedi. Analogamente è prevista la possibilità tra le Regioni, o tra queste ed enti esteri, di negoziare il trasferimento di quote di produzione energetica da FER rispetto a quelle assegnate.
E’ introdotta, inoltre, l’interdizione agli incentivi per tutte quelle figure eventualmente coinvolte in istanze di accesso agli incentivi basate su dati falsi o addirittura prive di titoli abilitativi, nonché sanzioni amministrative in tal senso.

A giudicare dalla mole di richieste di autorizzazione di impianti eolici che tutt’ora continuano drammaticamente ad inondare le Autorità competenti, non sembra che l’orientamento politico introdotto con il Decreto abbia scoraggiato gli speculatori, almeno nel conseguimento di autorizzazioni.
E’ ragionevole immaginare che la lobby eolica, pur nell’incertezza del momento, abbia comunque interesse a saturare il mercato dei titoli abilitativi sul territorio per poi giocarli eventualmente con il nuovo sistema incentivante sperando che sia il più lauto possibile, magari condizionandolo pesantemente la concertazione di questi mesi.

DECRETI ATTUATIVI
Tanto dipende quindi dai decreti attuativi in materia di incentivazione, dai quali potranno meglio identificarsi gli interessi alla vera e propria realizzazione degli impianti, anche di quelli già autorizzati ma che dovranno, anche se realizzati prima dell’entrata in vigore del nuovo sistema incentivante, essere traghettati comunque verso il nuovo sistema, presumibilmente maturando alcuni vantaggi per via di diritti acquisiti.
Questa fase transitoria è quindi determinante, soprattutto per l’eolico.
Sarebbe utile anche comprendere quanto rapida possa essere la realizzazione di un impianto eolico e quando effettivamente oggi appaia attraente l’investimento, soprattutto nelle aree meridionali, malgrado l’ipotetico fattore di rischio.

Analogamente all’interdizione dei grossi impianti FV sui terreni liberi ottenuta attraverso lo strumento della disincentivazione, appare utile perseguire una ipotesi di condizionamento dell’incentivo eolico in base alla tipologia di impianto e alla sua collocazione.
In altri termini l’interdizione all’incentivo per impianti ricadenti in particolari situazioni impattanti di rilievo nazionale, e quindi di interesse dello Stato (pur con i necessari quanto pericolosi transitori rispetto ai diritti acquisiti), sarebbe immediatamente emanabile senza concertazioni capestro con le Regioni e come invece sarebbe d’obbligo per vere e proprie misure di tutela di carattere territoriale o urbanistica.
In altri termini il Governo, anche alla luce della sconcertante, mancata stesura delle Linee Guida da parte delle Regioni (in ottemperanza alle Linee Guida nazionali), nel migliore dei casi emanate in una ottica di scarsa efficacia, potrebbe escludere totalmente dall’incentivo alcuni nuovi impianti eolici ricadenti, ad esempio, entro una fascia di rispetto dai siti Unesco, dai Parchi Nazionali, da aree a vincolo paesaggistico o gravate da siti riproduttivi di specie faunistiche di rilievo internazionale, ecc, ecc, ancorché autorizzati ma non realizzati entro un dato periodo.

Ma la valutazione complessiva sull’eolico deve collegarsi anche all’imminente decreto attuativo sull’incentivazione al FV.
Intanto emerge un elemento di preoccupazione poiché, all’art.3 comma 2 del decreto le cave sono escluse dalle “aree agricole”, dove invece vigono le limitazioni per il grande FV over 1 MW.
Un simile provvedimento:
a) introduce il potenziale degrado definitivo di aree che, per quanto occupate da cave, anche dismesse possono notoriamente essere oggetto di colonizzazione per la biodiversità che in questi siti può svilupparsi autonomamente e tornare a rappresentare territorio non ancora “consumato”.
b) Manderebbe all’aria fideiussioni e programmi che i gestori delle cave hanno dovuto prevedere per il ripristino paesaggistico e ambientale all’atto della dismissione, in base a norme di settore. Un regalo ai cavatori e una offesa agli interessi collettivi autentici.

Per contro non compaiono misure per disincentivare azioni elusive attraverso le cosiddette “serre fotovoltaiche”, nuova frontiera della speculazione energetica.
Ulteriore aspetto negativo è determinato dal parere/richiesta espresso dalla Conferenza Stato Regioni sul decreto lo scorso 28 aprile in merito alla definizione di “piccoli impianti” ai fini delle soglie incentivanti. La Conferenza ha chiesto vergognosamente di elevare la potenza dai previsti 200KW, su edifici o in regime di scambio sul posto, a quella di 1 MW (2 ettari) indipendentemente dalla allocazione !


Più nel dettaglio di questo decreto attuativo, si evince che la potenza FV installabile prevista in scaglioni periodici dovrebbe raggiungere la soglia di 23.000 MW al 2016 invece che gli 8000 MW al 2010 prima previsti ! Si ricorda che il GSE ha consuntivato circa 7000 MW in esercizio e quindi l’imminente superamento dei previsti 8000 MW.
Esulando da una pur giusta riflessione sulla inopportunità di prevedere questa soglia al 2016 e non più economicamente spalmata fino al 2020, emergono due considerazioni:
1) Se per assurdo l’eolico fosse bloccato ai 6000 MW (5000 torri) in esercizio al 31.12.2010 (ma almeno altrettanti sono ormai i MW tra follemente autorizzati o con parere ambientale espresso), unitamente ai 23.000 MW di FV previsto si raggiungerebbero quasi 30.000 MW di potenza elettrica attivabile da fonti intermittenti non programmabili . Potenza che, per la sicurezza del sistema elettrico nazionale, non dovrebbe superare il 20 % della potenza massima in gioco (almeno allo stato attuale delle tecnologie), ovvero il 20% di 56.000 MW.
2) Nell’ambito del P.A.N. (Piano d’Azione Nazionale) sulle FER (30.06.2010) trasmesso dal Governo alla UE, l’Italia si è impegnata a raggiungere al 2020 la sua quota di rinnovabile attraverso una serie di misure tra cui, nel comparto elettrico appunto, l’insediamento di una capacità di 8.000 MW di FV e 12.000 MW di eolico on-shore ricavandone le relative previsioni di produzione energetica: rispettivamente 9.650 GWh e 18.000 GWh.
E’ evidente che se la potenza di FV lievitasse a 23.000 MW (per altro al 2016) ci si attenderebbe in proporzione (pur senza immaginare margini di miglioramento nella resa della tecnologia FV) oltre 27700 GWh di energia, quindi oltre 18.000 GWh di energia IN PIU’, pari a TUTTO il contributo eolico al 2020 ma, ancor più opportunamente, sufficiente ad assorbire abbondantemente i 9000 GWh immaginabili con gli ulteriori 6000 MW di eolico ancora non realizzati (per quanto meno produttivi rispetto ai “primi” 6000 MW che hanno saturato già le aree relativamente più ventose)
3) Una serie di misure a più alta efficacia nel comparto delle rinnovabili termiche, dell’efficienza energetica, della rimodulazione dei trasporti sono ancora al palo e necessitano di incentivi che si fa fatica a reperire. Invece fiumi di denaro scorrono dalle bollette degli italiani alle società eoliche con effetti territoriali tutt’altro che indolori rispetto ai comparti anzidetti.

In conclusione sarebbe possibile, doveroso, respingere il completamento del disastro eolico in atto, attraverso i futuri decreti attuativi da emanarsi sull’incentivazione eolica, prevedendo:
- un drastico abbassamento della soglia di potenza eolica prevista nel PAN a fronte della notevole lievitazione di quella FV.
- una più che legittima e immediata disincentivazione di questa fonte, sia in valore assoluto, che penalizzando ulteriormente a monte quegli impianti eccessivamente impattanti ancorché autorizzati ma ancora non realizzati, almeno entro un certo transitorio temporale.
- una limitata premialità solo per progetti che si facciano carico di assorbire quote di potenza da aree di elevato pregio ambientale devastate da tali impianti.
- una definizione, per quanto imbarazzante, degli obiettivi da assegnare alle varie Regioni. In tal caso infatti si scoprirebbe come alcune regioni in realtà abbiano più che superato queste previsioni, potendosi già negoziare forme di riequilibrio “statistico” dell’energia prodotta a fronte di accordi interregionali.

Potrebbe essere rilanciato, e trovare concreta applicazione, l’appello promosso di recente da alcune personalità di spicco:

BASTA eolico. PIU fotovoltaico, NON “tutto e subito” , NON sui terreni liberi .

…. e iniziando a sostenere la ricerca nel settore, senza della quale le “nuove” rinnovabili sono destinate ad offrire contributi percentuali da prefisso telefonico o quasi.

E.C. 06.05.2011

lunedì 9 maggio 2011

Il volo dei rapaci nello Stretto. Denunciati quattro bracconieri

Il volo dei rapaci nello Stretto Denunciati quattro bracconieri La Forestale li ha sorpresi a Mortelle: hanno tentato la fuga in mare

Ventottomila rapaci di passaggio nell'ultimo mese, ben 23 mila in soli 12 giorni, dal 25 aprile al 6 maggio, giornata che passerà alla storia con il censimento di ben ottomila falchi pecchiaioli nei cieli dello Stretto. Sono numeri straordinari ai quali se ne contrappongono altri, fortunatamente inferiori, ma che purtroppo riflettono il persistere di un fenomeno odioso quale il bracconaggio. Andiamo con ordine.
Gli eccezionali eventi di questi giorni di primavera sono stati documentati dai volontari che stanno prendendo parte al Campo internazionale "per lo studio e la protezione dei rapaci e delle cicogne in migrazione nello Stretto di Messina", promosso dall'Associazione mediterranea per la Natura in collaborazione con il Wwf Italia e la Nabu. «Lo spettacolo della migrazione – sottolineano i responsabili delle tre associazioni ambientaliste, Anna Giordano, Deborah Ricciardi e Cristoph Hein – non finisce mai di stupire le decine di persone che giungono da molti Paesi europei (Irlanda, Danimarca, Inghilterra, Germania) e dall'America, per ammirare sullo Stretto specie difficilmente osservabili altrove. Finora sono state osservate ben 24 specie diverse di rapaci (su 38 censite dal 1984), alcune delle quali molto rare (capovaccaio, aquila anatraia minore), altre minacciate a livello globale per la loro elevatissima vulnerabilità e osservabili solo lungo questa rotta migratoria (albanella pallida, grillaio) e ancora lo splendido falco cuculo, il falco di palude minacciato ormai ovunque per la rarefazione delle zone umide e l'albanella minore. Ad oggi sono ben 327 le specie censite nel territorio dello Stretto, importantissima rotta migratoria per gli uccelli che svernano in Africa e tornano in primavera in Europa per riprodursi».
Il Campo è nato come attività di studio e di protezione dei rapaci dagli attacchi delle doppiette in azione nonostante i periodi di chiusura della caccia. Il bracconaggio sui Peloritani è andato riducendosi nelle sue dimensioni, ma è un fenomeno che continua a preoccupare. E proprio la notte del 6 maggio, gli uomini del Corpo forestale con il coordinamento dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste di Messina, a Torre Faro, quasi in prossimità dell'Istituto Marino di Mortelle, hanno sorpreso quattro bracconieri: R.L., 38 anni, D.G., 56 anni, D.N., 21 anni, e S.D., 56 anni, tutti residenti a Messina. I quattro esercitavano l'uccellagione con l'aiuto di reti e richiami elettromeccanici, per catturare quaglie in fase di migrazione. Alla vista degli uomini della Forestale hanno tentato la fuga addirittura a nuoto, ma sono stati fermati. Sotto sequestro l'intera attrezzatura utilizzata: un richiamo acustico elettromeccanico formato da una batteria e da un altoparlante, due reti, quattro profilati tubolari. C'erano anche cinque povere quaglie morte. I bracconieri sono stati denunciati a piede libero.(l.d.)

Fonte: Gazzetta del Sud Online 9 maggio 2011

lunedì 2 maggio 2011

Sicilia: rubati nidi di Aquila del Bonelli e del Falco Lanario

di Giovanni Guadagna

Il racket alimentato dagli spettacoli di falconeria pagati dagli enti locali. Il parere dell'esperto e l'attività del Corpo Forestale dello Stato.


GEAPRESS – Nonostante i recenti successi del Corpo Forestale dello Stato, che agisce su delega della Procura della Repubblica di Caltanissetta (vedi articolo GeaPress) e dei campi di sorveglianza organizzati dalle associazioni protezioniste (vedi articolo GeaPress), un’altro nido di Aquila del Bonelli è stato depredato nei giorni scorsi in Sicilia. Secondo indiscrezioni pervenute a GeaPress sul caso starebbe indagando proprio il Corpo Forestale dello Stato che continua la sua attività in Sicilia grazie alla delega alle indagini della Procura nissena. Oggi, probabilmente, saranno formalizzate le prime denunce.

Bocche cucite sul luogo del furto dei due pulcini di aquila ma è quasi certo che trattasi della provincia di Caltanissetta. Dal nido sarebbero stati prelevati i piccoli, che verosimilmente saranno inviati, con documentazione Cites di copertura, fuori dalla Sicilia per essere riciclati, come dimostrato nella precedente operazione del Corpo Forestale dello Stato (vedi articolo GeaPress). Gli animali, prelevati da bracconieri siciliani legati al mondo della falconeria, giungono, tramite allevatori compiacenti del nord Italia, in strutture centro europee. Da qui, con certificazione di copertura di origine spagnola e belga vengono inviati a falconieri anche italiani. La destinazione di questi rapaci è sconfortante. Si tratta in genere, sempre secondo la Forestale, di spettacoli di falconeria acquistati dalle pubbliche amministrazioni per feste di stampo medioevale.

Del nuovo furto dell’Aquila del Bonelli, GeaPress ne ha avuto conferma, stamani, dal Responsabile della Sezione Investigativa Cites del Corpo Forestale dello Stato, dott. Marco Fiori. Secondo il dott. Fiori “appare evidente la percezione di inattaccabilità che favorisce l’attività dei bracconieri. Gente - secondo il Responsabile della Sezione Investigativa – che procura un danno gravissimo alle popolazioni di rapaci, specie quelle siciliane e calabresi particolarmente soggette all’azione di depredazione dei bracconieri“.

Già nei giorni scorsi si era saputo, inoltre, di almeno un nido di Falco Lanario depredato nella Sicilia orientale.

Secondo il prof. Bruno Massa, ornitologo di fama internazionale e docente presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Palermo, si tratta di una notizia molto grave, sia per l’Aquila del Bonelli che per il Lanario.

“Per il Lanario – ha dichiarato a GeaPress il prof. Massa – la maggior parte della popolazione europea si trova in Italia. Nel nostro paese, poi, la roccaforte è proprio in Sicilia. La Sicilia, pertanto, ha la maggiore responsabilità internazionale per la conservazione di questa specie“.

Tra i fattori determinati dalle attività umane (abiotici) che stanno determinando il declino, vi sono, sempre secondo il prof. Massa, il bracconaggio e il ritorno della falconeria.

“Un fenomeno, quello della falconeria, incoscientemente enfatizzato dagli enti locali – specifica il prof. Massa – alla ricerca di attività emotivamente d’effetto nel corso di spettacoli di sapore medioevale. Un vero e proprio ritorno al medioevo“.

Sull’Aquila del Bonelli le cose non stanno meglio. Secondo il prof. Massa, l’Aquila è estinta in quasi tutto il resto dell’Italia e le ultime popolazioni (circa 15-20 coppie) vivono in Sicilia.

“A livello internazionale – spiega il prof. Massa – l’Aquila del Bonelli è meno minacciata del Lanario, ma va specificato che la sua capacità di ripresa, a differenza dei più piccoli falchi, è più bassa così come per tutte le aquile. La Sicilia ha ormai una popolazione molto ridotta, - ha aggiunto Massa – che meriterebbe una protezione rigorosissima“.

Secondo il prof. Massa, sia per il Lanario che per l’Aquila del Bonelli, si tratta poi di popolazioni molto disperse, fatto questo che rende difficile il controllo. Cosa diversa per il piccolo Grillaio, altro rapace a rischio, che invece ha nuclei molto concentrati.

Il boom dei falconieri si è avuto dopo la nefasta modifica della legge sulla caccia che nel 1992 ha, infatti, autorizzato questa attività come mezzo di caccia. Prima di allora chi depredava nei nidi erano prevalentemente gruppi di bracconieri tedeschi, molto specializzati. Arrivavano in Sicilia con furgoni attrezzati con incubatrici. Un bracconaggio di nicchia più facilmente controllabile. Con l’incredibile permissivismo della legge sulla caccia, invece, vi è stato un vero e proprio boom che secondo quanto scoperto dagli inquirenti, si serve di bracconieri locali che prelevano i pulcini dai nidi. Una vera e propria organizzazione a delinquere ben ramificata a livello internazionale. Deprimente, poi, che i rapaci servano a fornire spettacoli pagati dalle pubbliche amministrazioni e molto in uso anche in giardini zoologici e circhi. (Fonte: GEAPRESS 02 maggio 2011)

giovedì 28 aprile 2011

CITES: SICILIA, BLOCCATO TRAFFICO DI RAPACI IN VIA D'ESTINZIONE

Sequestrata una giovane coppia di rarissima "Aquila del Bonelli" depredata da un nido. La specie, superprotetta dalle leggi venatorie, è presente in Sicilia con non più di dieci siti di nidificazione e molto ambita da falconieri e collezionisti disposti a pagare fino a ventimila euro per entrarne in possesso

In seguito ad una complessa attività svolta dalla Sezione Investigativa CITES del Corpo forestale dello Stato di Roma e dal Corpo forestale dello Stato operante in Sicilia è stata rinvenuta, nel corso di perquisizioni svolte nel Ragusano, nel Catanese e nel Nisseno a carico di tre falconieri, una coppia di un anno della maestosa "Aquila del Bonelli" (Hieraaetus fasciatus), specie presente con non più di dieci siti di nidificazione in Sicilia e minacciata dal prelievo illegale per la falconeria e per il collezionismo oltre che dalla distruzione degli habitat naturali.
Una coppia di questa specie può essere pagata fino a 20mila euro sul mercato internazionale, soprattutto in Medio Oriente. La specie inoltre è considerata super protetta dalla normativa sul prelievo venatorio. Le imputazioni per i criminali coinvolti sono diverse, perché i reati riguardano sia la normativa CITES sulla fauna in via d'estinzione sia le più generiche norme sulla caccia e sul maltrattamento animali, in quanto i bracconieri sono accusati di aver prelevato e detenuto specie protette e non cacciabili e per di più di aver arrecato disturbo ai siti di nidificazione e alle coppie di rapaci intente nella fase riproduttiva, di difesa e di svezzamento della prole.
E' la prima volta che l'attività investigativa sul traffico di specie porta a scoprire, nel nostro Paese, il commercio di rapaci ricostruendo l'illecito dal prelievo in natura nei nidi sino al ricettatore finale, permettendo poi di recuperare dei soggetti razziati che potranno essere reintrodotti in natura.
La coppia di volatili era detenuta in un isolato casale di campagna della provincia di Ragusa, non accatastato e rintracciato grazie all'ausilio del GPS dal personale della CITES di Roma e Palermo che la cercava da mesi.
Le due giovani aquile erano state prelevate, similmente ad altre azioni di depredazione di nidi diffuse nel territorio del Sud Italia, da abili arrampicatori e bracconieri da un nido sito in una gola nelle campagne di Campobello di Licata (Agrigento), sconosciuto persino alle associazioni di volontariato presenti sul territorio che vigilano sulla sicurezza delle nidificazioni di rapaci.
Il sequestro assume un'importanza enorme perché l'individuazione del nido potrà permettere la reintroduzione degli esemplari in natura prima che la vicinanza con l'uomo pregiudichi definitivamente le loro attitudini a predare e autoalimentarsi autonomamente.
Con questa indagine, collegata all'"Operazione Bonelli, iniziata nel 2010 e coordinata dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta, che ha portato al sequestro complessivo di oltre cinquanta rapaci protetti tra cui gipeti, aquile reali, falchi lanari e pellegrini, capovaccai (i famosi avvoltoi egiziani), il Corpo forestale dello Stato contribuisce, in maniera concreta e diretta, alla difesa e alla tutela della biodiversità quotidianamente minacciata nel nostro Paese. Oltre quindici le persone complessivamente indagate per i reati contestati, che vanno dalla legge che applica la CITES in Italia a quella sul prelievo venatorio, sino alla normativa sul maltrattamento, mentre per gli animali sequestrati è già previsto, in accordo con WWF e Fondazione Bioparco di Roma, un programma di rieducazione alle pratiche di vita selvatica e di reintroduzione al fine di restituire alla natura questi magnifici esemplari assicurandogli un ritorno alla vita tra le gole e le valli siciliane.

A cura dell'ufficio stampa dell'Ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato

NEWSLETTER n°839 del 28/04/2011

sabato 9 aprile 2011

LIPU: CAMPO DI VOLONTARIATO PER STUDIARE I RAPACI

VOLONTARI PER STUDIARE I RAPACI:
10 POSTI DAL 2 ALL’8 MAGGIO
La ricerca è curata dalla LIPU-BirdLife Italia
per il Parco Nazionale dell’Alta Murgia

Raccolta dati sui rapaci diurni e notturni, dai dormitori presenti in città ai punti di passaggio della migrazione. Saranno 10 i volontari che potranno partecipare al primo campo di lavoro curato dalla LIPU-BirdLife Italia e dalla sezione LIPU Gravina in Puglia (BA) per il Parco Nazionale dell’Alta Murgia su alcune specie di uccelli comprese nell’”Allegato I” della direttiva comunitaria “Uccelli”, specie per le quali sono previste particolari garanzie di tutela per il loro elevato interesse conservazionistico.

Il campo si terrà da lunedì 2 maggio a domenica 8 maggio; i volontari alloggeranno in un’antica masseria che caratterizza il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, circondata dal tipico paesaggio della pseudosteppa mediterranea.
Il campo si rivolge sia a studenti in Scienze naturali, biologiche o ambientali, sia ad appassionati di birdwatching e tutela dell’ambiente, dando loro la possibilità non solo di trascorrere una settimana immersi nella natura ma anche di svolgere attività formativa e pratica su come si studiano alcune specie di uccelli.
Sotto l’occhio vigile di esperti tutor, i volontari si occuperanno di monitorare il grillaio, un piccolo rapace minacciato a livello mondiale ma che popola numeroso l’area delle Murge, specie rare come occhione e succiacapre, rapaci notturni, e osserveranno la migrazione dei rapaci diurni.

I metodi utilizzati vanno dai “transetti” (ossia percorsi lungo i quali effettuare conteggi di uccelli) ai punti di osservazione fissi per l’avvistamento dei rapaci in migrazione. Ci sarà anche il conteggio diretto ai dormitori per il grillaio, che verrà organizzato nei centri urbani di alcune città del Parco, e il monitoraggio dell’occhione, da tenersi in apposite stazioni di ascolto presenti nell’area protetta.
Infine sarà possibile per i volontari collaborare all’attività di inanellamento scientifico condotta da un inanellatore autorizzato dall’Ispra, che prevede la cattura di piccoli uccelli, il riconoscimento delle specie, l’apposizione di un anello identificativo e le misurazioni, cui seguirà l’immediato rilascio degli animali.

Il costo di iscrizione fissato per i volontari è pari a 150 euro, cui dovranno aggiungersi 25 euro per l’iscrizione alla LIPU. La quota comprende l’assicurazione, la sistemazione in una struttura ricettiva convenzionata con l’Ente Parco e il trattamento di mezza pensione.

Per informazioni è possibile contattare Giuseppe Giglio, al numero 347.7578517 (email: lipugravina@libero.it).



Parma, 8 aprile 2011

UFFICIO STAMPA LIPU BIRDLIFE ITALIA
Andrea Mazza – andrea.mazza@lipu.it
Cell. +39 340 3642091 – Tel. +39 0521 1910706

giovedì 7 aprile 2011

Save the International Eagles (STEI)

COMUNICATO STAMPA 29 March 2011

Save the International Eagles (STEI) vuole mettere in guardia la comunità internazionale sulla minaccia che i parchi eolici e le linee elettriche rappresentano per la biodiversità. Oltre a vari fattori come ad es. gatti domestici, auto e costruzioni le pale eoliche e le linee ad alta tensione spesso uccidono gli uccelli protetti o in via di estinzione come aquile, gru, cicogne, ecc

il presidente STEI, Mark Duchamp evidenzia il fatto che l'industria eolica considera la mortalità degli uccelli nei parchi eolici come minore rispetto ad altre cause. Queste altre minacce hanno già ridotto le popolazioni di uccelli in tutto il mondo, ha detto, e continuano a farlo. "Ma la mortalità causata da parchi eolici e le loro linee elettriche sono fattori nuovi e aggiuntivi, e come la proverbiale goccia che fa’ traboccare il vaso, il suo effetto sommatoria può essere sconvolgente. Come nel caso dell’aquila codacuneata della Tasmania che è condannata all'estinzione dalla mortalità determinata dagli impianti eolici "(1).

Un'altra differenza, dice Duchamp, è che le altre cause non possono essere fermati facilmente, se non del tutto, mentre i progetti eolici mal posizionati possono esserlo.
. La Società spagnola di Ornitologia (SEO), che è membro di Birdlife International, ha recentemente raccomandato di non realizzare più parchi eolici costruiti in aree naturali, ma invece di realizzarli nelle aree urbane e industriali (2).

In un'altra occasione, la società ornitologica ha rivelato che la mortalità degli uccelli causata da parchi eolici e le linee elettriche era molto più alta di quanto si pensasse. Per la regione spagnola di Castilla La Mancha la mortalità si stima a 1,3 milioni di uccelli l'anno ", molti dei quali in pericolo di estinzione come l'aquila imperiale, l'aquila del Bonelli e il grillaio". E ha aggiunto: "(questo è) un numero considerevole che dimostra che le centrali eoliche hanno una grande capacità di uccisione degli uccelli". (3)

"Questo è quello che ho dichiarato per 9 anni", dice Duchamp, "ma solo questo mese una società importante per la conservazione degli uccelli riconosce il pericolo. Durante tutti questi anni sono stato trattato come un eretico, e fui addirittura bandito dal forum di ornitologia dove le mie dichiarazioni provocavano malessere nei professionisti ornitologi

Duchamp ha fondato la International Save Eagles nel 2009, che si occupa di sensibilizzazione sul problema dell’eolico selvaggio e di pubblicare le statistiche di mortalità che la maggior parte delle società nega esservi per gli uccelli.
. Egli lancia oggi il sito web www.savetheeaglesinternational.org in cui i dati di mortalità e loro fonti bibliografiche possono essere utilizzati per contrastare i progetti eolici selvaggi in tutto il mondo.

RIFERIMENTI

(1) - Le centrali eoliche: errore di sospetti da parte di consulenti della Tasmania aquila della Tasmania condanna all'estinzione. www.iberica2000.org/Es/Articulo.asp?Id=4382

(2) - Birdlife SEO: "Castilla-La Mancha" Debe abandonar el viejo modelo de grandes Centrales de Generación eléctrica situadas en plena y Naturaleza alejadas de los puntos de Consumo fomentar y la Generación eléctrica en suelo Urbano "e industriali.
Traduzione: "Castilla-La Mancha" deve abbandonare il vecchio modello di grandi centrali elettriche situate in habitat naturale, lontano da dove l'energia è consumata, e promuovere la produzione di energia elettrica nelle zone urbane e industriali ".
http://www.seo.org/sala_detalle.cfm?idSala=5551&CFID=61202893&CFTOKEN=93998397&jsessionid=aa302686ed74705b2617

(3) - Birdlife SEO: "1,3 millones de Aves al año ... número delle Nazioni Unite con notevole el que se demuestra que los Parques eólicos tienen« UNA matar para gran capacidad aves »."
Traduzione: "1.3 milioni di uccelli l'anno ... un numero considerevole che dimostra che le centrali eoliche hanno una grande capacità di uccidere gli uccelli" http://www.laverdad.es/albacete/v/20110308/albacete/parques-eolicos-amenaza-aves- 20110308.html

Vicepresidente STEI per l’Italia
Dr. Jacopo Angelini